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L'ex capo dei vigili di Parma indagato senza sapere perché

Fatto arrestare in diretta tv dal procuratore Laguardia, Jacobazzi dopo quattro anni non ha ancora ricevuto accuse formali. Dalle toghe un fiume di dichiarazioni show

L'ex capo dei vigili di Parma indagato senza sapere perché

Surreale. E anche, per la verità, un tantino poco chiara. È la vicenda che vede protagonista, suo malgrado, Giovanni Maria Jacobazzi l'ex capo della polizia municipale di Parma, arrestato il 24 giugno del 2011, con le accuse di corruzione e concussione nell'ambito dell'oramai famosa inchiesta «Green Money», da cui il terremoto che ha travolto il sindaco pidielleino, Vignali, costretto alle dimissioni. Giusto per riassumere Jacobazzi risulta indagato, leggendo l'ordinanza di cattura, dal 2009 (una tentata concussione per una multa, peraltro come lui ha sempre sostenuto pagata, di 139 euro, e una presunta corruzione, sempre respinta al mittente di 3.000 euro). Viene arrestato con un'operazione decisamente scenografica in diretta televisiva, il 24 giugno 2011.
Si fa 40 giorni di carcere, 2 mesi ai domiciliari, a 500 chilometri dalla città e due mesi di obbligo di dimora. Un bel can can, dunque. Peccato però che ad oggi, a quattro anni dai fatti, non essendosi ancora chiuse le indagini, lui non abbia il piacere o il dispiacere di sapere di che cosa in concreto è accusato. Tenuto conto che ciò che il procuratore capo «reggente» Laguardia si è affrettato a dichiarare su di lui in questi anni non ci sembra sostituire, ancora, l'articolo 415 bis del Codice di procedura penale. Quindi perché la Procura di Parma ha deciso di tenerlo a mollo in quello strano limbo delle persone che non hanno diritto a difendersi? Forse perché Jacobazzi non ha amici in Procura e magari potrebbe averne anche lui, come l'ex capogruppo regionale del Pdl, Villani, tra gli altri vertici del partito di Berlusconi, partito non proprio gradito agli autorevoli inquilini di Palazzo di giustizia? E ancora, perché il 2 ottobre del 2012, pur essendo stato abbondantemente interrogato, come persona informata dei fatti, come «vittima» dei presunti soprusi della Procura di Parma, le sue dichiarazioni sembra non siano state tenute in considerazione dei magistrati di Ancona che indagano sulla trasparenza delle mosse dei loro colleghi di Parma, Procuratore capo in testa?

Forse è opportuno rileggere alcuni brani della lettera aperta che l'ex comandante dei vigili di Parma, nel frattempo rientrato nelle file dei carabinieri, scrisse appena tornato in libertà: «...Sono stato trattato come Totò Riina - si sfogò Jacobazzi - in un Paese come il nostro, dove vige il processo mediatico, contano solo le indagini preliminari. Il processo (quello vero, in aula), nel contraddittorio delle parti, non interessa a nessuno. Quindi, se nella conferenza stampa svoltasi nella mattinata del 24 giugno 2011, dopo il mio arresto in diretta televisiva, gli inquirenti affermano - condendo il tutto con pesanti giudizi morali - che sono responsabile di reati gravissimi per un pubblico ufficiale (concussione e corruzione), per la collettività quello è un dato acquisito. Nel circo mediatico, la conferenza stampa vale più di una sentenza. Ribadisco, fino allo sfinimento, che non ho concusso né corrotto nessuno... In attesa di potermi difendere in un'aula di giustizia, davanti a giudici realmente indipendenti e terzi, ribadisco che non ho concusso un vigile (ho solo stigmatizzato una incapacità ad esercitare l'attività di comando), non ho mai preso mazzette per dare appalti (tutti affidati nel rispetto delle regole amministrative) né strappato multe a go go (sempre annullate nel rispetto dei principi dell'autotutela e senza che io intascassi un centesimo). In compenso non voglio dire nulla su quanto è stato riportato dagli organi di stampa secondo cui il marito della pm che mi ha arrestato aspirava al mio posto...».

Lo ricordiamo noi perché fu decisamente curioso il comportamento della pm Dal Monte il cui marito, Alberto Cigliano, aveva chiesto di concorrere al posto di comandante dei vigili di Parma pochi giorni prima che la moglie facesse arrestare il comandante Jacobazzi per concussione e corruzione.

La Dal Monte non fu certamente tenera con Jacobazzi, interrogandolo dopo oltre un mese di carcere e disponendo gli arresti domiciliari il giorno successivo al colloquio sostenuto dal marito per ottenere il trasferimento in città.

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