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L'Ilva si abbatte sul congresso del Pd. Quanti errori da Bonaccini e Schlein

Bonaccini e Schlein si improvvisano in proposte di nazionalizzazione, ma restano piani inattuabili e confusionari

L'Ilva si abbatte sul congresso del Pd. Quanti errori da Bonaccini e Schlein

Dopo che per anni, persino in campagna elettorale, il Pd non ha detto una parola su Ilva, il dossier industriale più importante del Paese, oggi l’opposizione tuona contro il governo e il decreto che, finalmente, pone tutte le condizioni affinché l’azienda possa tornare a produrre e quindi a guadagnare mantenendo l’occupazione.

Complice la campagna per le primarie congressuali, persino i due candidati segretario Stefano Bonaccini e Elly Schlein diventano improvvisamente esperti siderurgici. E cosi dopo mesi di silenzio sulla vertenza, oggi entrambi si sono improvvisati in grosse dichiarazioni sull’acciaio. Entrambi con un’unica, tipica, vetusta ideona: cambiare la governance. Del resto è un classico per il Pd: le partecipate, aziende pubbliche, municipalizzate, tutte al servizio del partito da occupare col nominificio del cda e delle consulenze.

E allora come non sfruttare l’occasione di aumentare la quota pubblica nel cda di Acciaierie d’Italia e mettere Amministratore Delegato il proprio “tecnico” o “trombato” di riferimento? Cosi magari Schlein potrebbe mettere Francesco Boccia nel cda, e Bonaccini direttamente Michele Emiliano.

Bonaccini e lo scudo penale

“Le ingenti e ormai ripetute elargizioni di fondi pubblici all'azienda, senza una prospettiva programmatica, e le misure fuori dal perimetro ordinamentale, come lo scudo penale ai conduttori, non sono di certo le risposte che servono al Paese e che ci rendono credibili in Europa”. Ha detto Bonaccini. Quindi il suo Pd è contrario allo scudo penale? Che dicono i parlamentari che invece più volte lo hanno difeso? Che dice Provenzano a cui lo stesso scudo inserito nel decreto per il depuratore di Priolo? Sa che nessun manager, a parte Lucia Morselli, soprattutto quelli pubblici che lui invoca, accettano di gestire quella fabbrica senza scudo?

“Dunque, lo Stato acceleri sul controllo dell'azienda e si costruisca un futuro sostenibile per l'acciaio italiano. Un piano nazionale dell'acciaio, un accordo di programma per Taranto, la riconversione tecnologica, un robusto meccanismo di valutazione del danno sanitario”. Continua Bonaccini, non sapendo che la valutazione del rischio sanitario già viene fatta, mentre gli accordi di programma dove sono stati fatti, tipo a Genova, non sono mai stati rispettati. Neppure a Piombino da Jindal, l'indiano che Emiliano voleva in Ilva al posto di ArcelorMittal.

E infine la proposta di Bonaccini: “L'Italia deve dotarsi di un vero e proprio piano strategico dell'acciaio, il cui riferimento non possono che essere le politiche europee in materia, gli obiettivi di decarbonizzazione e un uso intelligente dei fondi di PNRR e Transizione Giusta, su tutti, con l'intento di introdurre nella filiera produttiva le migliori tecnologie sperimentate con successo nel mondo occidentale, penso per esempio ai forni elettrici e all'impiego graduale dell'idrogeno, individuare i migliori sostegni alla riqualificazione occupazionale e le iniziative atte a ristorare e bonificare i territori, che tanto hanno patito sin qui, soprattutto in termini sanitari”.

Il candidato dem chiede aiuti già previsti al governo

Addirittura i forni elettrici, grande novità. Forse non sa che il piano per aggiungere un forno elettrico e un impianto di Dri già c’è, finanziato dal governo Meloni nel decreto aiuti ter. Mentre Emiliano e il sindaco di Taranto che sostengono Bonaccini chiedono la chiusura dell’area a caldo, e quindi di tutta la fabbrica, l’opposto di quanto dichiarato dal candidato segretario.

"Per lo stabilimento siderurgico di Taranto, nel particolare, non c'è più tempo da perdere, auspico che il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso voglia prendere in seria considerazione la voce della comunità locale e delle parti sociali, è giunto il momento del coraggio e della pianificazione accorta del prossimo decennio, occorre far partire un tavolo per una intesa larga e vincolante, che riporti i diritti costituzionali e quelli delle persone davanti al profitto, che tenga in debita considerazione gli studi tecnico-scientifici disponibili” quali studi se gli unici enti preposti ai controlli, Arpa e Ispra, dicono che la qualità ambientale a Taranto è notevolmente sotto i limiti di legge e ArcelormIttal sta rispettando tutte le prescrizioni? Di quale profitto parla Bonaccini, se l'azienda è ferma a 3 milioni di tonnellate di produzione molto lontane dal break even point a 8 milioni di tonnellate?

Schlein e la confusione tra sindaco e sindacati

Non è da meno la sua sfidante Elly Schlein. "Io credo che sia assolutamente giusta la richiesta di cambiare la governance dell'ex Ilva. C'è bisogno di una presenza maggioritaria dello Stato per rimettere al centro un piano di conversione e sono contenta che ci sia un allineamento forte, sinergico, tra la Regione, il sindaco di questa città e naturalmente le organizzazioni sindacali. Insieme per chiedere che si faccia giustizia a Taranto e che si possa rimettere al centro il benessere, la salute delle persone". Forse Schlein non sa che mentre sindaco ed Emiliano chiedono la chiusura e cassa integrazione, i sindacati chiedono aumento produzione e piena occupazione.

“Questo deve fare chi fa politica e chi governa e cercare delle soluzioni che parlino ai bisogni di questa comunità - dice Schlein- e che facciano anche uscire da questa falsa contrapposizione tra il diritto al lavoro e il diritto a respirare un'aria che non ti faccia ammalare, il diritto a ritrovare un equilibrio con il pianeta". Non sapendo che questa famosa dicotomia è stata risolta già anni fa quando la Corte Costituzionale ha trovato la sua applicazione proprio nel rispetto dell’Aia e del Piano ambientale, che Arcelormittal sta attuando.

Insomma il Pd, che è il partito che più a lungo in questi anni ha gestito il dossier Ilva, prima dell’arrivo deleterio di Conte, oggi torna a fare blablabla.

Del resto persino Andrea Orlando, ministro del Lavoro che ha deciso di firmare la cassa integrazione lo scorso marzo per 3000 lavoratori Ilva senza accordo sindacale, oggi scende in piazza con i sindacati che ancora scioperano contrari a quella cassa integrazione.

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