MilanoI caschetti gialli schierati in piazza Affari raccontano di posti di lavoro persi nell'edilizia, di famiglie finite sul lastrico, di cantieri lasciati a metà causa fallimento.
Sono cento elmetti, simbolici. In realtà dovrebbero essere molti di più e per raccoglierli tutti ci vorrebbero più di 44mila piazze: ad appendere il casco da lavoro al chiodo sono stati 446mila lavoratori. Che diventano 690mila se si considerano anche i settori collegati alle costruzioni: i liberi professionisti (architetti e ingegneri) sono diminuiti del 23% mentre, le ore di cassa integrazione sono passate dai 40 milioni del 2008 ai 140 milioni del 2012 (+245%).
Da qui l'idea di indire una seconda giornata della Collera e della Vessazioni dopo quella organizzata lo scorso febbraio a Milano. In sei mesi la situazione è peggiorata e i dati non fanno sperare in una svolta vicina. Per questo Assimpredil, Ance (associazione nazionale dei costruttori edili) e gli artigiani sollevano il loro grido di dolore. Sono stanchi di contare «morti e feriti» della crisi, chiedono (e propongono) soluzioni. Assieme hanno scritto la ricetta per far ripartire il lavoro: una lista di 100 alternative ad altrettante 100 vessazioni. Un vademecum per spiegare al governo cosa fare per alleggerire il settore edile dalla burocrazia soffocante. In sintesi, i costruttori chiedono meno scartoffie inutili e sgravi fiscali necessari ad alleggerire l'avvio di un cantiere.
«Il settore è ormai allo stremo - spiega il presidente Ance Paolo Buzzetti - con una disoccupazione record. Arrivati a questo punto i pannicelli caldi non bastano. Serve un Piano Marshall dell'edilizia che coniughi soluzioni tecniche a fondi pubblici necessari per ridare lavoro alle imprese».
Uno dei primi punti da correggere per ridare respiro al settore riguarda i tempi. «In Italia - denuncia Antonio Anzani, presidente di Aspesi Milano (associazione nazionale tra le società di promozione e sviluppo immobiliare) - prima di poter avviare un cantiere si perdono 2 o 3 tre anni tra permessi, autorizzazioni, controlli. Occorre semplificare, ci vogliono meno norme ma di buon senso». L'appello è rivolto alla pubblica amministrazione: «Un piano di governo del territorio - aggiunge Anzani - non può essere rifatto appena cambia una giunta. Occorre più stabilità».
«Operare nel settore delle costruzioni vuol dire operare in un complesso intreccio di norme, procedure e adempimenti che non ha paragone con nessun altro settore - denuncia il presidente di Assimpredil Ance, Carlo De Albertis -. Molte delle vessazioni denunciate sono riconducibili all'eccessiva e contrastante attività legislativa, alla stratificazione nel tempo delle procedure determinate dai singoli enti, alla proliferazione di soggetti che partecipano alle procedure edilizie e urbanistiche». E si tenga presente che, mentre noi siamo ancora alle prese con una burocrazia anni '50, l'Europa e i costruttori internazionali stanno rivoluzionando con nuove norme il futuro del mercato immobiliare. Se non si fa qualcosa si rischia seriamente di rimanere indietro.
«Abbiamo il dovere - sostiene anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi - di protestare contro le vessazioni che affliggono il mondo delle costruzioni. Abbiamo bisogno di un Paese normale che ci permetta di tornare a lavorare».
L'ira dell'edilizia in ginocchio «Più sgravi e meno scartoffie»
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