RomaAdesso basta. Tutti i limiti sono stati oltrepassati, tutti i precedenti sono stati superati. I «fenomeni di corruzione sono davvero troppi e vergognosi», dice Giorgio Napolitano (nel tondo), del resto basta vedere la cronaca di questi giorni per leggere di «episodi inimmaginabili di malversazione che si moltiplicano nel disprezzo delle legalità». Ormai è un'emergenza, come tale va trattata. «Bisogna far vincere la legge come avvenne contro la mafia, come dimostrarono Falcone e Borsellino».
Dopo la bufera che ha travolto la Regione Lazio, rabbia e indignazione montano al Quirinale. «Non è questo un contesto accettabile per persone sensibili al bene comune - si sfoga il capo dello Stato durante la cerimonia per l'apertura dell'anno scolastico -, per cittadini onesti o per chi voglia avviare un'impresa. E chi intende promuovere nuovi investimenti non può ignorare lo svantaggio causato dalla corruzione e dal malaffare». Senza scordarsi di quanto tutto ciò sia «pericoloso e scoraggiante in un Paese come il nostro colpito da una crisi economica». In un simile quadro di malaffare, spiega Napolitano, è inutile, quasi ridicolo, lamentarsi dei capipopolo, di Grillo, dell'astensionismo: «Chi si preoccupa, giustamente, dell'antipolitica, deve saper risanare in profondità la politica». Insomma il Palazzo, invece di piangere, riformi se stesso. «Ma la legalità - avverte il presidente - si deve praticare a tutti i livelli, e dunque anche nel nostri piccolo mondo quotidiano».
E a «tutti i livelli» significa a partire dai banchi. «Rispetto della legalità vuol dire nella vita scolastica rispetto delle sue regole, dei compagni, specie quelli più deboli, degli insegnanti che sono il cuore pulsante dell'istruzione». Occorre quindi una scuola che formi «non soltanto lavoratori capaci ma soprattutto persone oneste» e dove si pratichi la legalità, e una società «che creda e pratichi la superiorità dell'istruirsi bene rispetto al contare sulla raccomandazione». E «la ridistribuzione di competenze e capacità a favore delle zone più povere di mezzi e di saperi può rivelarsi, sui tempi lunghi, una strategia più ricca di risultati per il mezzogiorno: molto meglio che distribuire sussidi».
Ma a preoccupare il capo dello Stato sono i giovani, «l'assillo di tutte le famiglie», i ragazzi che faticheranno a trovare un lavoro. Serve molto impegno. «Dobbiamo costruire opportunità. Dovunque io vada, mi chiedono sempre la stessa cosa, pensate ai giovani, al loro futuro. Ed è vero, dobbiamo farlo - aggiunge il presidente - se vogliamo limitare l'emigrazione, in particolare dei giovani più ricchi solo di istruzione».
C'è però spazio pure per un messaggio di fiducia nel futuro: «L'Italia può farcela, può migliorare quando si impegna con sforzi collettivi e condivisi». Basta pensare ai progressi compiuti nel nostro Paese proprio nel campo dell'istruzione. «Non ci si può abbandonare alla sfiducia nelle nostre possibilità sottovalutando i progressi compiuti dall'Italia».
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