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L'opposizione per ora c'è solo in piazza

La segretaria dem è indecisa a tutto (e convive con tre cittadinanze)

L'opposizione per ora c'è solo in piazza

Non appena eletto per acclamazione presidente dei senatori democratici, un miracolato Francesco Boccia avrà pensato con Milton Friedman che nessun pasto è gratis. Così, più schleiniano della neosegretaria, ha ribadito la linea: «Ora inizia un lavoro parlamentare in raccordo con il partito, che avrà come punto di riferimento costante le piazze». Non a caso la piazza è stata evocata più volte dalla numero uno del Pd. E in piazza lei ci sta a meraviglia. Ha cominciato con la marcia antifascista (sic!) di Firenze, ammantandosi di quella Costituzione violata proprio dagli studenti del collettivo del liceo Michelangiolo che si son fatti beffe della libertà di manifestazione del pensiero di chi non la pensa come loro. E, preso l'abbrivio, non si è più fermata. Sorvolando sull'amara battuta di Pietro Nenni: «Piazze piene, urne vuote». I grilli parlanti l'hanno messa sull'avviso. Ma lei, spallucce. Così Lorenzo Guerini ha ammonito: «Dobbiamo concentrarci sulla proposta politica complessiva che vogliamo rivolgere a tutto il Paese e non limitarci a battaglie identitarie». Sandra Zampa, premesso che se non dici di essere «radicale» passi per un imbecille, avverte: «Dobbiamo lavorare a proposte alternative complesse, senza mettere nuove targhette ideologiche per fare polemiche strumentali». Nicola Latorre lamenta che il Pd critica ma non presenta proposte alternative. E Romano Prodi, con quell'aria da curato di campagna, aveva giudiziosamente sentenziato: «Per realizzare le alleanze, prima è necessario che Schlein definisca un programma, solo così il Pd può diventare forza trainante». Parole al vento. Personaggio singolare, Schlein. In apparenza, sicura di sé. In realtà, indecisa a tutto. Come l'asino di Buridano. Tant'è che è una e trina. Convive, senza farsene spensieratamente un problema, con tre cittadinanze: statunitense, svizzera e italiana. Alla faccia dell'articolo 54 della Costituzione, che impone ai cittadini il dovere di fedeltà alla Repubblica italiana. E a più forte ragione ciò vale per chi è deputato al Parlamento e segretario di un partito. Il suo programma poi non è che l'indice di un libro dei sogni. Non scende mai nei dettagli perché preferisce restare sul vago e caricare a testa bassa la presidente del Consiglio. Come ha fatto in occasione del Premier question time del 15 marzo. Nella replica Schlein ovviamente si è dichiarata insoddisfatta. Ma poi si è fatta del male da sola. A Giorgia Meloni ha detto: «Lei, oggi, è al governo, io all'opposizione». Una concezione riduttiva del suo ruolo, inconcepibile per una laureata in diritto costituzionale a Bologna e per di più figlia di una provetta costituzionalista. Dovrebbe sapere che il leader dell'Opposizione di Sua Maestà britannica ha un diritto sopra ogni alto: il diritto di insediarsi al numero 10 di Downing Street dopo aver tallonato il governo in carica con proposte alternative. Se questo è vero, il Pd potrà forse incrementare i voti ai danni dei 5 Stelle.

Ma continuerà a vedere Palazzo Chigi con il binocolo.

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