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L'ultima in casa Lega: "Il Cerchio Magico? Inventato da Tremonti"

L’eurodeputato Pdl Albertini svela la genesi della corrente: Giulio la suggerì a Rosi. Maroni diserta il vertice con Bossi, poi lo smentisce: "Non vedo complotti pm-servizi"

L'ultima in casa Lega:  "Il Cerchio Magico? Inventato da Tremonti"

Dicono che Roberto Castelli si fosse proposto di mediare fra le due anime in guerra della Lega. Ma che l’altra sera, in una cena romana con alcuni deputati, abbia gettato la spugna: «Non ci si riesce, ragazzi». Subito supportato da uno dei commensali: «La convivenza non è più possibile, nemmeno quella di facciata». Il fatto è che sul Carroccio ormai non si tratta più di divisioni appianabili in nome di un comune percorso politico, ma di rancori personali.

Incancreniti, i livori, fra chi in questi anni è stato dentro o fuori dal Cerchio, fra chi in Maroni vede il salvatore e chi l’occupatore del partito. E inaspriti da una guerra, quella fra Bobo e Umberto, che pare non poter più rientrare, dopo la goccia del dossier di Belsito che ha fatto traboccare la rabbia dell’ex ministro dell’Interno. Lui, ai cronisti che ieri gli chiedevano di commentare il Senatùr che si dice ignaro dell’operazione di spionaggio dell’ex tesoriere, ha rifilato un secco: «Bene». Aggiungendo poi che se, come dice Umberto, è vero che nell’uso disinvolto dei danari leghisti «non mi sembra di vedere reati», al contrario di quel che dice Bossi «non vedo neppure complotti di magistratura e servizi segreti».
A chi poi gli domandava se incontrerà il Senatùr ha risposto svogliato: «Ma sììì». Però intanto ieri, di nuovo, non si è fatto vedere in via Bellerio, dove tutti, a partire da Bossi, pensavano sarebbe avvenuto il famoso chiarimento. Macché. Il vecchio Capo è rimasto là tutto il giorno con Roberto Calderoli. Maroni invece ha disertato, lasciando ai suoi il compito di far trapelare il suo stato d’animo: «Arrabbiatissimo con Umberto». Guarda oltre, Maroni. Ai nuovi scenari politici, per cominciare, i suoi lo descrivono molto attento alle manovre dei centristi e non è un caso che ieri si sia preso la briga di commentare le parole del capo dello Stato Giorgio Napolitano, che chiedeva alla politica di «risollevarsi dall’impoverimento culturale»: «È quello che la Lega sta facendo», ha colto la palla al balzo Maroni. Mostrando poi muscoli da leader al governo: «L’Imu è un abuso, i nostri sindaci stanno studiando come contrastarla», ed esibendo poi il coraggio della coerenza: il pasticciaccio dei bilanci «indubbiamente ci penalizzerà alle Amministrative. Abbiamo subito un elettroshock, ma adesso i nostri consensi stanno risalendo, dopo il calo della settimana di Pasqua con la Passione, la Crocifissione...». E a proposito di crocifissioni, continua la guerra interna. Ieri il triumvirato ha imposto ai capigruppo di Camera e Senato, Giampaolo Dozzo e Federico Bricolo, di concordare le onorevoli apparizioni televisive, dopo il putiferio scatenato dal deputato maroniano Gianluca Pini, che su La7 ha attaccato le spese dell’ex capogruppo della Camera Roberto Reguzzoni. E farà discutere lo scontro fra Matteo Salvini e il Sinpa di Rosi Mauro, con l’europarlamentare maroniano ad auspicare che possa «essere condotto in maniera più efficace» e il sindacato a replicare che si occupasse dei casi suoi, perché «noi siamo autonomi dal movimento».

Ed eccola rispuntare, la Rosi, rimasta alla guida del Sinpa nonostante l’espulsione dal partito. È a lei che guardano gli ex cerchisti, i «resistenti» nel mirino delle scope maroniane. «Non ci abbandonare» le hanno scritto via sms. «Piuttosto muoio» li ha rassicurati lei. Del resto, altro che fuori dai giochi: «La Mauro è ancora di casa a Gemonio». E allora la via d’uscita potrebbe passare da qui, dalla Rosi e dall’Umberto.

Con una variabile in più. Ieri è stato Gabriele Albertini a introdurla, a sua insaputa: ai microfoni di Radio2 l’europarlamentare Pdl ha rivelato la genesi del Cerchio magico. Maggio 2006, Teatro Nuovo di Milano, ultimo comizio della campagna elettorale di Letizia Moratti, poi eletta sindaco. Ci sono tutti i big del partito: Fini, Casini, Berlusconi, Formigoni. Bossi ha da poco avuto il suo «incidente». Albertini siede tra la Mauro e Tremonti. Bossi prende la parola, ma «era impacciato, poverino, ancora convalescente. Parlava, ma le cose andavano un po’ per le lunghe». È allora che accade: «Giulio disse a Rosi: vallo a prendere, perché sta sbarellando». La Mauro «dopo una sguardo d’intesa, si recò vicino al podio, prese strettamente per l’avambraccio Bossi, che stava ancora parlando. Lo guardò con uno sguardo allusivo. Dopo pochi secondi Bossi concluse e lei lo riportò al posto.

La Mauro aveva già incominciato ad avere la sua influenza». E Tremonti, che fine ha fatto?

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