L'unico antidoto al partito dei pm

In Italia lo scontro politico non si è normalizzato secondo i canoni dell’alternanza. E la sinistra che vuole vincere fa gli interessi di Procure, sindacati e conservatori

L'unico antidoto al partito dei pm

Frattini, ex ministro degli Esteri, e al­tri hanno rotto la disciplina di grup­po, votato la fiducia al governo Mon­ti e argomentato in favore di un’altra linea politica, radicalmente diversa da quella che sta prevalendo con il ritorno del dino­sauro. Io sono d’accordo con loro,per la so­stanza. Ma lo scontro in Italia non è norma­lizzato, politicizzato secondo i canoni del­l’alternanza di forze diverse alla guida del­lo Stato. La disciplina che mi porta a stare dalla parte di una scelta che politicamente giu­dico insensata deriva da questo: il partito che si appresta a gareggiare per vincere è da vent’anni il partito dei magistrati con­servatori e politicizzati, dei sindacati con­servatori e difensori dello status quo , è la coalizione della retorica inautentica, del finto inseguimento umanitario e solidale della condizione umana debole e non ga­rantita, è la coalizione dei media che tradi­scono la loro funzione parteggiando sen­za dirlo, senza farsi riconoscere, senza un discorso impegnativo di verità sul Paese e sul mondo, adoperando linguaggi corrivi e politicamente corretti che mi offendono e mi irritano.

Anche il partito che si sta candidando a perdere ha i suoi bei difetti, e vistosi, e for­se anche maggiori secondo una scala del­la presentabilità sociale e del professionismo pub­blico, ma non quelli che ho in­dicato. Mi spiace che nel tempo non si sia emendato, per il vantag­gio suo e del Paese in cui abitiamo.
Mi spiace che una solu­zione razio­nale di rinno­vamento del­la classe diri­gente non sia stata perse­guita da un uomo che sti­mo, che mi ha spesso convinto con allegria e au­toironia e bal­danza inco­sciente con­tro i miei ri­flessi più pro­fondi
di pru­denza e di tec­nica politica, come Berlu­sconi.
Ha mille at­tenuanti, e la spiegazione di tutto risiede nella sua ano­mala personalità e nella sto­ria politica atipica che dura dal 1994, ma non è giustifica­ta alla fine la leggerezza umo­rale con cui prima il Cav ha steso un velo di incredibilità su tutto, delegittimando ogni cosa e ogni persona, e poi ha impostato o va impostando un tentativo di recupero fon­dato sulla funzione della sua personalità carismatica, sem­pre con le stesse modalità, tanti anni dopo, per la sesta volta.

Non sono uno snob, piac­ciono anche a me le alzate di testa, la follia di pancia è costi­tutiva della politica, non avrei perso mesi faticosi nel Mugello e non avrei fatto una lista suicida per distruggere il muro di sordità verso l’abor­to di una società occidentale come l’Italia e di un mondo in cui hanno posto eminente e ri­spettato le follie dell’eugene­tica moderna o dello stermi­nio asiatico delle bambine. Ma spero sempre che in certe mattane scorra il filo di una lo­gica e un ésprit de finesse , che lo si veda bene o no è un altro discorso. Qui non lo trovo.
A parte il fatto che quel che è iniziato nel caos non può che continuare e finire nel ca­os,
che i partiti carismatici senza il carisma del capo so­no destinati a sciogliersi co­me la neve sotto il sole, che Berlusconi resta sotto asse­dio e la sua eliminazione per­sonale e civile, come persona e come simbolo, può forse es­sere resa più difficile – o alme­no è questo che evidentemen­te pensa – da un sussulto estre­mo di combattività, costi quel che costi.
Staremo a vedere.
Sappiamo tutti che ora è il momento della ricostruzione a sinistra, nei media e nelle Procure, di un uomo nero, di un Arcinemico, un pericolo rinnovato per la democrazia.

E questa campagna dai toni odiosi verrà da chi ha fatto di tutto - specie colpi bassi - per dissellare il vincitore delle precedenti elezioni, invocan­do un golpe con l’ausilio dei carabinieri (Asor Rosa) o l’ar­rivo di una tecnocrazia cura­trice fallimentare della crisi fi­nanziaria, e per mesi e mesi imponendoci un profilo da guardoni, da pedinatori, da delatori e da spioni delle abi­tudini private di una perso­na.
Sappiamo anche che un pezzo di Italia non ci sta a que­sto modo di
fare e di vedere le cose, e che cerca una sua rap­presentanza radicata in certi bisogni antifiscali e in un sen­so confuso ma certo del valo­re della libertà civile.

Il Cav cercherà di dargliela, spero con discorsi ancora an­corati al principio di ragione, a una certa temperanza nel giudicare le cose dell’Europa e il

processo avviato anche dal suo candidato per l’emer­genza Monti, a un elemento di credibilità che altrimenti svanirebbe in una specie di grillismo di riporto.

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