Il malcontento agli Stati generali della culturail caso

RomaOggi il governo Monti compie un anno ma non si fa festa. Anzi, il pupo gode di salute cagionevolissima. Lo dimostrano i segnali di stanchezza sempre più forti da parte dei partiti che hanno sempre sostenuto i tecnici. Lo dimostrano ancor di più le continue manifestazioni di insoddisfazione di cui sono bersaglio i suoi esponenti, che si presentano agli eventi in gruppo - quasi a farsi forza l'uno con l'altro - e faticano a fronteggiare il malcontento popolare. Ieri è toccato a Lorenzo Ornaghi (Beni culturali), Fabrizio Barca (Coesione territoriale) e Francesco Profumo (Istruzione) finire nella bagarre nel corso degli stati generali della Cultura ieri a Roma.
Il più preso di mira è stato il primo: «Ministro Ornaghi lei parla come un economista, solo tagli e razionalizzazioni di spese per la cultura», il grido che si è levato dalla platea della tavola rotonda. Il ministro, piccatissimo, si è difeso così: «Non si può dire che il ministero non ha fatto nulla per la cultura. È vero che le risorse per la cultura sono diminuite, quest'anno leggermente aumentate e l'anno prossimo ancora un po' diminuite, ma vogliamo razionalizzare e fare buon uso delle risorse». Il ministro ha fatto notare che «persino Paesi come la Francia stanno riducendo le risorse». Anche Barca e Profumo sono stati interrotti nei loro interventi. «Ieri sono stati picchiati adolescenti e nessun ministro ha detto niente!», hanno gridato in molti. «Voglio sapere del mio presente, sono preoccupata ora! Signor ministro, voi intanto date soldi alla scuola privata!», ha implorato Profumo una ragazza. I due se la sono cavata con stile: «In questo momento bisogna ascoltare tutte le voci e cercare di dare delle risposte. Ma soprattutto bisogna mantenere un livello di dialogo, non separare, ma stare insieme», ha detto Profumo. E Barca: «È una platea che sembra il Sulcis. Una vivacità che segnala il ritorno di domanda e di voce, se il confronto è informato e la domanda ha un capo e una coda è il sale della democrazia, aiuto per noi e per il prossimo governo».
Ma al di là di argomentazioni parziali e spesso capziose, c'è il fatto che il governo Monti è al grado zero della sua popolarità. Dopo un anno di lavoro, di sacrifici richiesti agli italiani, il debito pubblico sta per sfondare quota 2mila miliardi, la disoccupazione è sempre altissima, lo spread sempre in zona pericolo, la crescita e la fine della crisi sempre lontanissimi. Insomma, tanto rumore per nulla, o quanto meno per pochissimo.

Né c'è da sperare che i prossimi mesi possano cambiare il giudizio complessivo degli italiani sull'azione dell'esecutivo, che nei cinque mesi che lo separano dalle elezioni e quindi dalla nascita (si spera) di un governo scelto dagli italiani, saranno ostaggio della più lunga campagna elettorale della storia. La stessa storia che sembra bocciare senza appello il governo dei professori.

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