Mamma, ho perso Berlusconi

«I o non combatto Berlusconi, io combatto il berlusconismo!», ha detto spesso Nichi Vendola nel tentativo - un po' furbastro - di differenziarsi da quella «demonizzazione dell'avversario» (espressione introdotta da Berlusconi) che ha cementato negli anni la sinistra italiana. Che cosa sia il «berlusconismo» è opinabile: un filo rosso che parte dal Drive In e arriva alle cene galanti di Arcore oppure la più grande rivoluzione politica del dopoguerra - con tutte le sfumature intermedie. Ma sull'antiberlusconismo non ci sono dubbi: è stata la pila atomica che ha alimentato incessantemente (e ossessivamente) l'azione politica, l'identità culturale e persino la connotazione antropologica della stragrande maggioranza della sinistra italiana.
Il mondo senza Silvio è un mondo ritornato improvvisamente in bianco e nero: a chi rivolgerà Repubblica le sue incalzanti domande? Contro chi si scaglierà Travaglio domattina sul Fatto e giovedì prossimo da Santoro? Che faranno i comici, gli editorialisti, i semiologi che la notte leggono Kant, i bambini esposti al PalaSharp, i moralisti un tanto al chilo, i mafiologi e i complottologi tutti? E che faranno i pubblici ministeri, i loro portavoce, i velinari e i mozzaorecchi da salotto? Un esercito di tossicodipendenti dal fatturato assicurato è mestamente in coda per la disintossicazione e il riciclaggio.
Fra gli effetti collaterali del «passo indietro» del Cavaliere - chiamiamolo così, in attesa di ulteriori dettagli - c'è anche l'improvvisa obsolescenza di un intero ceto politico. La campagna per la rottamazione, felicemente lanciata da Matteo Renzi, esce rinvigorita dalla scelta di Berlusconi, che lascia il buon Bersani solo sulla scena, unico sopravvissuto di una lunga stagione dal bilancio non particolarmente brillante. Senza Berlusconi, Bersani appare ancora più vecchio: e antiche appaiono le sue posizioni, ricalcate sull'antiberlusconismo vintage della gioiosa macchina da guerra di Occhetto. Senza il Caimano, la coalizione «dei democratici e dei progressisti» perde smalto e ragion d'essere, ingiallisce fra i ricordi della Seconda Repubblica.
Sbagliano però a rallegrarsi quelli di destra, dove il passo indietro è stato salutato con una gioia sospetta, a conferma di una certa tendenza alla sudditanza: nessuno ha osato chiedergli di andarsene, è stato ancora una volta Berlusconi a decidere il come, il quando e il perché. Quante carriere, fra le macerie fumanti del Pdl, si sono fatte improvvisamente incerte, precarie, sospese? Quanti di coloro saliti alla ribalta per cooptazione e generosità dovranno lottare con le unghie e con i denti per conservarsi il seggio e lo stipendio? L'indotto di Berlusconi impegnava e occupava l'intero sistema politico, e riconvertirsi non sarà affatto facile.
Berlusconi non è stato, come volgarmente è stato detto, il «padrone» del centrodestra: ne è stato il federatore. Non ha costruito un partito europeo moderato, ma ha raccolto intorno a sé, come un candidato americano alla presidenza, un comitato elettorale composto di forze, gruppi, associazioni e personalità fra loro diverse e a volte lontanissime. È un'opera grandiosa, che non si lascia in eredità. La «rifondazione» del Pdl promessa da Alfano rischia di essere poca cosa: tutt'al più, si tratterà di mettere un po' d'ordine, di aggiungere o spostare qualche casella interna, e acconciarsi così ad una degna sopravvivenza elettorale.
Semmai, nel passo indietro di oggi c'è la riproposizione, speculare e capovolta, della discesa in campo di diciott'anni fa. Allora, dopo aver cercato per mesi un leader in grado di battere i Progressisti di Occhetto, Berlusconi decise di prendere in mano la situazione. Oggi è il suo ritiro dalla corsa ad aprire la ricerca del leader in grado di sconfiggere i neoprogressisti di Vendola e Bersani. Tutti i giochi si sono riaperti, ma la partita vera si giocherà al di fuori del Pdl: da lì verrà (se verrà) il nuovo federatore del centrodestra.

E qui le ipotesi si accavallano: Montezemolo, che ha appena lasciato il suo Italo, oppure Monti, elogiato nella lettera d'addio. Oppure Berlusconi stesso, come qualcuno ha cominciato a sperare. Già: parlare della fuoriuscita di scena del Cavaliere significa anche parlare di un suo possibile ritorno.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica