Marò, finalmente l’India abbandona la linea dura

Il premier del Kerala: "L’Italia accetti un processo basato sulle nostre leggi e tutto sarà possibile". Bagarre a Milano sullo striscione del Pdl a favore dei soldati

Marò, finalmente l’India abbandona la linea dura

Messaggio dal Kerala, India: «Tutto si può fare, ma all’interno del processo giudiziario indiano». Oommen Chandy, capo del governo della regione in cui sono detenuti con l’accusa di omicidio due militari italiani, sembra voler far capire che in cambio della nostra accettazione di un giudizio in India in base alle leggi locali (e quindi della nostra rinuncia a contestarne la giurisdizione) potremo aspettarci un esito tranquillizzante. E questo perché «l’incidente molto sfortunato» che vede coinvolti i nostri marò del San Marco «non deve danneggiare le ottime relazioni tra Italia e India». Concetti ribaditi dal ministro degli Esteri di New Delhi, S. M. Krishna.

I toni sono molto più morbidi rispetto a qualche giorno fa, quando lo stesso Chandy, nel corso di un infuocato dibattito nel Parlamento regionale, parlò di «prove inoppugnabili» nei confronti di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e promise all’assemblea che «nessuna clemenza sarebbe stata manifestata verso gli imputati». Oggi l’uomo politico indiano torna a parlare di prove, ma si limita a dire che esse «sono nella denuncia formulata dalla Guardia Costiera» per poi trincerarsi dietro un «non possiamo dire di più perché l’inchiesta è ancora aperta».

Nonostante (ovviamente) in India nessuno sia disposto ad ammetterlo, la sensazione è che le ormai imminenti elezioni regionali in diversi Stati indiani svolgano un ruolo molto importante in questa vicenda. Nel Kerala, in particolare, si voterà il 17 e il 18 prossimi, e con sospetta coincidenza le conclusioni della perizia balistica condotta sulle armi dei marò arrestati - previste già per ieri - saranno disponibili solo tra una settimana, ossia proprio a ridosso del voto. La perizia, ricordiamo, è cruciale per determinare se possano essere state effettivamente quelle armi ad aver sparato contro i due pescatori indiani che rimasero uccisi lo scorso 15 febbraio.

Fonti dal Kerala segnalano che sulla vicenda dei due marò sono in corso trattative segrete tra italiani e indiani. L’obiettivo è quello di guadagnare tempo, di traccheggiare fino a che le elezioni saranno state svolte. Dopodiché sarà possibile trovare un’intesa ovvero, per ricollegarsi alla parole di Chandy, «tutto si potrà fare». Resta da vedere però quali saranno i risultati di queste elezioni: se dovesse affermarsi la coalizione di estrema sinistra che si oppone al partito del Congresso capeggiato da Sonia Gandhi (che è di origini italiane) è fondato il timore che l’atteggiamento nei confronti dei militari italiani si indurirebbe anziché ammorbidirsi. Questa fazione politica, attualmente all’opposizione nel Kerala, ha infatti sempre cavalcato gli umori più ostili all’Italia in questa vicenda e appare difficile che cambierebbe atteggiamento una volta al potere. In un ipotetico (ma non troppo) clima di isteria anti italiana durante il processo, bisognerebbe letteralmente affidarsi alla capacità dei giudici di mantenere sangue freddo e indipendenza di giudizio.

Intanto il governo italiano ha ottenuto l’appoggio della diplomazia dell’Unione Europea. L’alto rappresentante Catherine Ashton ha assicurato al ministro degli Esteri Giulio Terzi che l’Ue «intende fornire il suo sostegno» all’Italia per una positiva soluzione della vicenda dei due marò.

Un portavoce ha detto che la Ashton e Terzi hanno deciso di rimanere «in stretto coordinamento». Nessun dettaglio è stato però fornito sui dettagli dell’azione concordata: si tratta - ha detto il portavoce, «di una questione diplomatica molto sensibile».

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