Maroni ridisegna il Pirellone. Giunta dimezzata e più rosa

Il neogovernatore vuole tenersi la delega alla sicurezza e progetta una squadra senza sottosegretari, con meno assessori e molte donne: "E col Pdl nessun attrito"

Maroni ridisegna il Pirellone. Giunta dimezzata e più rosa

Milano - Ricordate il «piccolo passo per un uomo, ma un balzo gigante per l'umanità» del comandante Neil Armstrong appena sbarcato dall'Apollo 11? È un po' quello che è successo alla nuova Lega 2.0 che Roberto Maroni sta traghettando nella difficile era del dopo Bossi. Perché mai come in questi giorni il partito era stato così debole in termini di consensi e soprattutto coesione interna, ma mai è stato così decisivo per il destino del Paese. Percentuali elettorali al minimo, ma saldamente in mano Veneto, Piemonte e una Lombardia conquistata con 5 punti su una sinistra spocchiosa. Con il Friuli Venezia Giulia al voto ad aprile. Un paradosso che solo la straordinaria alchimia della politica che è somma arte e non scienza esatta, può declinare con leggi lontane dalla forza di gravità elettorale. «Domani relax», ha detto Maroni davanti a un plotone di giornalisti e telecamere, quando almeno l'adrenalina di una storica vittoria lo avrebbe dovuto elettrizzare. E, invece, ha frenato gli entusiasmi. Delle sue dimissioni da segretario federale della Lega per lasciar posto a un giovane (magari Matteo Salvini o Flavio Tosi) e dalla nuova giunta si parlerà poi.

Due incroci decisivi per un Maroni che ha dovuto psicanalizzare ansie e incubi covati per mesi, confessando in pubblico che proprio con la vittoria in Lombardia «abbiamo salvato la Lega. L'obiettivo era prenderci la Regione, siamo gli unici che hanno vinto le elezioni». E non s'è allargato, perché Maroni avrebbe potuto legittimamente dire che prendendo Palazzo Lombardia, soprattutto il giorno dopo il successo al Senato e il buon risultato alla Camera, è stato l'intero centrodestra a salvarsi dall'assalto dell'orda grillina («Grillo è un bluff, a Roma ci sono gli spettri che si aggirano, noi garantiamo al Nord un governo stabile») e da una sinistra pronta a un sommario regolamento di conti. Fuori e dentro i palazzi di giustizia («Sono arrivate le insinuazioni, il fango, una vergogna»).

Ma ora viene il difficile. Con Maroni che vuole per sé le deleghe a sicurezza, legalità e trasparenza, mettendo al servizio dei lombardi la sua esperienza di ministro dell'Interno e gran cacciatore di mafiosi. Poi eliminazione dei sottosegretari, riduzione degli assessori e metà giunta in rosa. Affidandosi a cacciatori di teste che lavorino sull'equazione «massima competenza, minima appartenenza politica».

«Ho letto che ci sarebbero già contrasti», ha detto ieri sera il segretario federale della Lega Nord, al suo arrivo in piazza Podestà a Varese per festeggiare la vittoria alle regionali. «Ho spento il telefono, non ho parlato con nessuno e qualcuno ha scritto che ci sono già i primi contrasti: non so che film ha visto, francamente».
Il primo nome del toto assessori è quello dell'olimpionico della canoa e portabandiera azzurro Antonio Rossi che si occuperà di sport. Già indicato in Mario Melazzini, l'oncologo affetto da Sla, il responsabile della Sanità. Una dichiarazione che ha irritato Mario Mantovani, il coordinatore lombardo del Pdl che con le sue 12.972 preferenze aspira alla vice presidenza e magari proprio a quella delega che in Lombardia muove 18 miliardi di euro all'anno.

Ma ieri su Affaritaliani.it è arrivato il velenoso stop di Formigoni. «Non conosco bene la sua situazione privata, ma credo che ci siano delle difficoltà, avendo lui delle attività private che non possono essere in contrasto». Chiarissimo. Così come è chiaro che come suo vice Maroni vuole un bravo e giovane amministratore come il sindaco Pdl di Pavia, il «formattatore» Alessandro Cattaneo. Nel capitolo donne ci sono l'ex sottosegretario Valentina Aprea e l'onorevole Mariella Bocciardo. Di certo un pilastro della giunta sarà Salvini, ormai anima della Lega e braccio destro di Maroni. Dall'area formigoniana gli ex assessori Raffaele Cattaneo e Romano Colozzi, mentre il Carroccio potrebbe ripescare Andrea Gibelli. E promuovere il politologo Stefano Galli, il nuovo Miglio della Lega 2.

0 che ha miracolosamente trascinato al 10,2% la Lista Maroni.
«Non ci sono problemi sulla giunta - ha insistito Maroni - ho tutto in mente. Sono sereno, rilassato e caricatissimo: è stata una battaglia, ma la vittoria risana le ferite».

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