«Nessun successore straniero potrebbe fare bene in questo momento. Troppe lotte e troppi intrighi interni tra le mura del Vaticano. Per questo solo un italiano riuscirebbe a gestire la grave crisi della Chiesa, a bloccare questa infernale macchina politica e il nome è Scola». Eric Frattini, vaticanista spagnolo non ha dubbi. Da una vita si occupa di intrighi in Vaticano, molto prima che andasse di moda Vatileaks, tanto che già a ottobre, nel suo ultimo libro aveva anticipato che il Papa avrebbe abdicato, libro che in questi giorni uscirà anche in Italia per la Sperling & Kupfer I corvi del vaticano.
Perché lei auspica un Papa italiano?
«Perché solo un italiano sarebbe in grado di gestire intrighi e le lotte di potere che sono scoppiate negli ultimi anni fino a diventare ingestibili. Ecco perchè parlo di Scola, lui potrebbe essere l'uomo giusto, capace di dominare e non farsi dominare dalle lotte intestine, un nome che aveva già fatto Ratzinger l'anno scorso quando disse che sarebbe stato un buon Papa. Allora nessuno capì».
Eppure si parla tanto di un Papa straniero, un americano, un filippino...
«No, cosa ne sa il povero Tagle, il vescovo filippino degli intrighi a palazzo, dei tanti sgambetti che si sono fatti per anni Bertone e Sodano, delle faide».
Cosa è mancato a Ratzinger in questi anni?
«Un po' di lungimiranza, di astuzia. Lui è sempre stato un teologo. Un grandissimo intellettuale, forse il più grande pensatore dei nostri tempi. Ma politicamente è stato sempre debole. Non si è mai interessato dei giochi di potere che a Roma sono sempre esistiti. Ha sempre sottovalutato questo aspetto e lo ha addirittura snobbato».
Non aveva alleati per farsi consigliare?
«Le persone che stimava di più le ha messe in posti chiave legati alla dottrina. Tutto è sempre passato sopra alla sua testa. La vicenda di Tettamanzi è un esempio perfetto: quando il cardinale venne mandato via da Milano, scrisse a Ratzinger per chiedergli se lui se ne fosse accorto di quello che stava accadendo. Woytjla in questo è stato più avveduto».
In che senso?
«Il giorno che si incontrarono, Ratzinger uscì dal colloquio dicendo: teologicamente Woytjla non sa niente. Ma Giovanni Paolo II sapeva riconoscere i suoi limiti e così lo nominò Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Insieme erano perfetti. Giovanni Paolo II poteva contare su un teologo magnifico. A questo Papa invece sono mancati alleati validi. Amici che potessero coprirgli le spalle. Ed è caduto».
Quindi ha lasciato perché sovrastato da questi complotti?
«Si è reso conto di aver perso il controllo. Quando è arrivato il rapporto su Vatileaks ha avuto l'ultima conferma. Io credo che abbia sofferto tanto. E ha capito che avrebbe dovuto lasciare, che al suo posto sarebbe dovuto intervenire un Papa di polso, per ristabilire l'equilibrio».
Non può essere stata una scelta dettata da motivi fisici?
«Lo stesso Lombardi ha spiegato che il Papa non si stava dimettendo per motivi fisici. La sua decisione è dipesa da un motivo più psicologico.
Quali sono i rischi futuri per il Vaticano?
«Oggi il Papa lascia una Chiesa ferita e in bilico. Se il prossimo Papa non riuscisse nel compito sarebbe grave. E indebolirebbe la Chiesa in modo irreversibile».
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