RomaPer essere un tecnico e non un politico di professione, Mario Monti ha imparato il mestiere in soli pochi mesi. Dopo un avvio timido e operoso, eccolo ora trasformato in un Cetto Laqualunque che parla, straparla, smentisce, ricuce. Talmente goffo da far quasi pensare che lo faccia apposta, perché chi può stacchi la spina al suo governo. Accade tutto in poche ore: una stoccata contro Berlusconi, il malumore del Pdl, il governo che va sotto in Parlamento, lui che cerca di metterci una pezza e poi inizia un valzer di colloqui istituzionali che serviranno a capire se la maggioranza sta per andare in pezzi o resterà in piedi.
Tutto ha inizio quando il Wall Street Journal (è la stampa straniera che bisogna leggere per comprendere il Monti-pensiero) manda in rete un'intervista rilasciata dal premier quasi un mese fa. Qualche frase di rito contro la concertazione («È come il dentifricio, se non lo chiudi finisce tutto fuori») e sulla necessità di cambiare la mentalità degli italiani, poi la botta: «Se il precedente governo fosse ancora in carica, ora lo spread italiano sarebbe a 1200 o qualcosa di simile». Un'entrata a gamba tesa contro Berlusconi e il Pdl, un atto di maleducazione istituzionale, una gaffe. E infatti pochi minuti dopo i primi lanci di agenzia, su Palazzo Chigi grava già una cappa di imbarazzo. Qualcuno tenta poco convinto una lettura innocua della frase: il premier si sarebbe limitato a una proiezione aritmetica. Insomma, visto che lo spread da maggio a novembre 2011 era schizzato da 150 a 550, gli esperti al soldo di Monti hanno tirato una linea e sono giunti alla siderale cifra di 1200. O qualcosa di simile, naturalmente.
Ma i buoi sono già scappati. Il Pdl si arrabbia di brutto. I primi segnali si hanno con la fiducia (la numero 34) che il governo incassa alla Camera sulla spending review con il Pdl che fa mancare 84 voti su 209 deputati tra assenze giustificate o meno, astensioni e no. Poche ore dopo va peggio: alla Camera il Pdl restituisce lo schiaffo alleandosi con il Terzo Polo e mandando sotto il governo su un ordine del giorno legato alla spending review. E al Senato gli azzurri fanno mancare il numero legale quattro volte mettendo il cartello «chiuso per ferie» a Palazzo Madama. E poi c'è la bagarre dialettica. «Una provocazione tanto inutile quanto stupida che rinviamo al mittente», s'infuria il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto. «Mentre il Parlamento vota fiducie a raffica sarebbe bene che il comportamento di Monti fosse più equilibrato e rispettoso. Ci si potrebbe anche stufare, prima o poi», minaccia il presidente del gruppo al Senato Maurizio Gasparri. E mentre Udc e Fli si schierano dalla parte di Monti («Mi sembra che Monti abbia detto qualcosa di cui tutti siamo consapevoli», chiosa il leader centrista Pier Ferdinando Casini; «A volte la verità brucia», twitta il futurista Italo Bocchino) il segretario del Pdl Angelino Alfano lancia una ciambella di salvataggio al premier: «Le parole di Mario Monti sono politicamente insensate e scientificamente inspiegabili per un economista come lui: un'ipotetica dell'irrealtà che sorregge un giudizio politico irreale. Tutto questo per noi è inaccettabile. Se ci riesce provi al più presto a spiegarsi».
Così Monti chiama direttamente Berlusconi per dirsi «dispiaciuto che una banale e astratta estrapolazione di tendenza di valori dello spread contenuta in un colloquio di ampio respiro con il WSJ sia stata colta come una considerazione di carattere politico». Tiepida la reazione di Berlusconi, che in serata convoca lo stato maggiore del Pdl a Palazzo Grazioli per concordare il tono e il contenuto dell'incontro di oggi tra Monti e Alfano.
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