Monti sale in cattedra: spiega al fronte del no perché la Tav conviene

Il premier diffonde on line un dossier sui benefici legati alla linea: l’Italia vinca la sfida delle infrastrutture. Dei 12 Comuni contrari solo due sono coinvolti direttamente da cantieri

Monti sale in cattedra: spiega al fronte del no perché la Tav conviene

Roma Quattordici domande e altrettante risposte per spiegare agli italiani perché la Torino-Lione è opera irrinunciabile, parte di una sfida, quella delle infrastrutture, che «un Paese come l’Italia deve porsi e vincere se vuole restare integrata e competitiva», come ha detto ieri il premier Mario Monti. La dozzina (più due) di argomentazioni riassunte ieri in un asciutto dossier messo in rete sul sito del governo sono assai meno dei 150 motivi per cui invece, secondo il movimento No Tav, i cantieri dell’Alta velocità non dovrebbero toccare la Val di Susa, riassunti in un documento consultabile anch’esso on line e che è il vangelo dei contestatori, siano essi valligiani civilissimi e quindi abilitati alla manifestazione del proprio dissenso o professionisti dello scontro assoldati/autoarruolatisi nella carovana della gazzarra itinerante. Monti quindi sfida i No Tav sul loro stesso terreno, il web. E i dati numerici non ingannino: i 14 punti con cui il governo puntella la sua intenzione di mettere la barra a dritta sono ampiamente sufficienti, in 9 paginette smilze, a sbianchettare i perché a tre cifre dei No Tav, annacquati da ripetizioni, minuzie, mezze verità e argomentazioni cavillose.
Perché dunque secondo Monti la Tav è necessaria e si farà? Perché (punto 1) «il corridoio est-ovest, di cui la tratta Torino-Lione è essenziale componente, costituisce (...) un investimento strategico per il futuro del nostro Paese in termini di maggiore competitività, di abbattimento delle distanze, di prospettive di sviluppo». E perché (punto 3) a beneficiarne è la macroregione AlpMed - Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta, Rhône-Alpes e Paca - che ha 17 milioni di abitanti, 1,5 milioni di imprese e un Pil di 500 miliardi l’anno, numeri da medio stato europeo. Il dossier governativo si incarica poi di smascherare alcuni bluff dei No Tav: chiarisce (punto 2) che i costi sono per la fase 1 - tunnel di base, connessioni alla linea storica e due stazioni internazionali - 8,2 miliardi finanziati per il 40 per cento dall’Ue e per il resto suddivisi tra Italia e Francia, con un esborso complessivo per il nostro Paese di meno di 3 miliardi; sottolinea (punto 5) che c’è stata attenzione alle richieste del territorio grazie all’opera dell’Osservatorio, che ha tenuto 300 audizioni nell’ambito di «un lungo percorso, faticoso e complesso, alla ricerca di una soluzione concordata e condivisa», come dimostra l’abbandono del progetto che prevedeva il tracciato dell’opera in sinistra Dora; circoscrive (punto 14) il dissenso delle amministrazioni locali a una dozzina di comuni, solo due dei quali (Chiusa San Michele e Sant’Ambrogio di Torino) direttamente interessati da tratte in superficie o cantieri; ricorda (punto 6) che il treno raddoppierà la capacità nel trasporto merci e dimezzerà i tempi di percorrenza per i passeggeri; disarciona (punto 8) un altro cavallo di battaglia dei No Tav, spiegando la pretesa diminuzione del traffico sulla direttrice storica del Fréjus come mera conseguenza della sua arretratezza («una macchina per scrivere nell’era del computer», si lancia in un’immagine l’ardito redattore del dossier governativo); garantisce (punto 7) che i lavori di scavo della galleria geognostica della Maddalena inizieranno a maggio-giugno, che l’inizio dei lavori principali è previsto per il 2013, che il cantiere durerà dieci anni; evidenzia che i cantieri garantiranno 2mila posti di lavoro diretti e 4mila nell’indotto e la nuova linea una volta a regime ne creerà 500 (punto 9).

E l’ambiente? Monti zittisce ogni allarmismo, citando (punto 10) uno studio secondo il quale a regime la riduzione annuale di emissioni di gas serra sarà pari a quelle di una città di 300mila abitanti, negando (punto 11) che il progetto generi «danni ambientali diretti e indiretti» e spiegando infine (punti 12 e 13) che dai 220 sondaggi effettuati non risultano significative presenze di uranio e radon mentre per tenere sotto controllo l’amianto sono state attivate specifiche procedure di sicurezza. Insomma, la Tav serve, ci tiene ancorati all’Europa, dà lavoro, non inquina. Basterà al popolo delle trincee, del no a tutti i costi, delle macchine per scrivere nell’era del computer? Scommetteremmo di no.

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