Tremila imprese fallite o sullorlo del precipizio. È un bollettino di guerra quello che arriva dai tribunali di tutta Italia: una foto inedita, lennesima, della crisi che morde il Paese. Il primo trimestre del 2012 conferma purtroppo il trend negativo: la percentuale delle società in agonia è aumentata del 4,2 per cento sul 2011. E il dato, raccolto dalla Cgia di Mestre, è ancora più impressionante perché questo è il sedicesimo trimestre consecutivo con le cifre in salita. Insomma, la recessione è un treno che corre verso lorizzonte. Il futuro non cè più perché le tasse aumentano con uno stillicidio quotidiano di addizionali, accise e Imu, le aziende boccheggiano, gli imprenditori, e non solo loro, ora fanno statistica addirittura per i suicidi.
Sembra impossibile, ma la solerte Cgia, la potente associazione degli artigiani di Mestre, ha cominciato a censire anche le persone che si tolgono la vita per ragioni economiche. Ormai i necrologi sono arrivati a quota 37 e la spoon river tricolore mette insieme imprenditori, cassaintegrati e disoccupati. Lunedì un commerciante bolognese che aveva appena ricevuto una cartella da Equitalia per 20mila euro si è impiccato nel retrobottega del suo negozio e un agente immobiliare si è tolto la vita a Vicenza. Ieri è stato un pensionato a gettarsi nel Po a Torino. Purtroppo la liturgia della morte è sempre la stessa. Pure lui aveva ricevuto una cartella e ha deciso di farla finita: per fortuna si è salvato. A Salerno, invece, è finita in tragedia non una ma due volte: prima il custode di unazienda che aveva appena perso il posto, poi un operaio edile, che navigava in cattive acque e non sapeva come aiutare il figlio prossimo al matrimonio, si sono ammazzati.
Certo, il clima sta precipitando, se persino in un luogo di osservazione privilegiato come lospedale SantAndrea di Roma sventolano la bandiera rossa denunciando unimpennata del 30 per cento delle richieste di aiuto da parte di persone che vogliono morire. Il dramma investe la società ma si fa anche politico e allora il premier Mario Monti prende posizione nel corso di un dibattito con il commissario europeo Olli Rehn: «Le conseguenze umane della crisi dovrebbero far riflettere chi ha portato leconomia in questo stato e non chi da quello stato sta cercando di farla uscire». Parole durissime, pronunciate dalla stesso Monti che qualche settimana fa si era appuntato da solo la medaglia al petto, spiegando di aver salvato lItalia da una deriva greca. La Grecia, ricordava sempre limplacabile Monti, dei 1725 suicidi. Per carità, la distanza pare sempre abissale ma i paragoni sul versante della contabilità macabra non fanno bene: i lutti stanno entrando anche nel cielo della nostra quotidianità. E allora Monti prova a buttare il cerino altrove. Dove? Il premier, sempre più avvezzo ai contorcimenti del Palazzo, si guarda bene dal chiarire. Anzi, lette le agenzie che riportano il suo pensiero, ingrana la retromarcia: «Ho parlato di conseguenze umane della crisi, non mi riferivo ai suicidi e ho parlato di governi di un largo arco di tempo, non di un governo in particolare. Mi dispiace che tutto possa essere strumentalizzato in questo modo». Tutto chiaro? Mica tanto. Il professore ci pensa su qualche minuto, poi mette piombo nelle ali di chi predica la riduzione della pressione fiscale, giunta ormai ad un insopportabile 45 per cento (in realtà 50 e passa per cento per i più onesti e tartassati): «Il governo percepisce» le ricadute umane della crisi, «ma il governo deve anche chiedersi, e questa è la cosa che dà più pena, se limmediato rilascio della pressione sul risanamento non finirebbe per comportare conseguenze umane ancora più grandi nel medio lungo periodo». Lacrime e sangue, dunque, per evitare lacrime ancora più amare. Altre ricette Monti non ne vede. E non importa che la solita Cgia abbia calcolato una stangata da 1.979 euro a famiglia per lanno in corso: 982 euro per il caro bollette e altri 997 euro per il balzo in avanti delle imposte.
Il paese va male, soffre e sincattivisce? Monti risponde che al peggio non cè limite. La cronaca continua a soffiare veleni: in serata da Cesate, hinterland milanese, proprio mentre il capo del governo chiude a doppia mandata il lucchetto delle tasse, ecco il suicidio numero 37. È un imprenditore di sessantanni a impiccarsi nel parco delle Groane. Il biglietto daddio è fin troppo chiaro: «Non ce la faccio a pagare i debiti». Il premier però non tentenna. Anzi, va dritto per la sua strada.
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