Omesso uso del defibrillatore, che «avrebbe dato qualche chance in più di sopravvivere»: di questo sarebbero responsabili i medici del Livorno Manlio Porcellini, del Pescara Ernesto Sabatini e del 118 di Pescara Vito Molfese, rinviati a giudizio dal gup di Pescara, Luca De Ninis accogliendo la richiesta del pm Valentina D'Agostino, per la morte del calciatore del Livorno, Piermario Morosini allo stadio Adriatico il 14 aprile 2012 durante Pescara-Livorno. Cardine del procedimento la perizia presentata dai consulenti nominati dal gip Vittorio Fineschi, Francesco Della Corte e Riccardo Cappato, in cui i tre professionisti sostennero che i tre medici «dovevano usare il defibrillatore semi-automatico, disponibile quel giorno».
Sempre nella perizia si legge che «ciascuno dei medici intervenuti è chiamato a detenere, nel proprio patrimonio di conoscenza professionale, il valore insostituibile del defibrillatore semi-automatico nella diagnosi del ritmo sottostante e, in caso di fibrillazione ventricolare, il valore cruciale nell'influenzare le chance di sopravvivenza della vittima di collasso».Le conclusioni dei periti del gip non si discostano molto dalla perizia a suo tempo predisposta per il pm D'Agostino dal medico legale che eseguì l'autopsia, Cristian D'Ovidio.
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