Mose, la cricca democratica tira in ballo anche D'Alema

Mose, la cricca democratica tira in ballo anche D'Alema

«Saresti più pericoloso tu di D'Alema...». A parlare è il «compagno P» del sistema Mose, Pio Savioli, militante Pd, consigliere del Consorzio Venezia Nuova e consulente della coop rossa Coveco, insomma l'uomo al centro di tutto il giro di mazzette (è uno degli arrestati) attorno alla laguna veneziana. L'intercettazione della Guardia di finanza, allegata all'ordinanza della Procura di Venezia, cattura un colloquio tra Savioli e un altro protagonista dell'inchiesta, Giampietro Marchese (ai domiciliari), ex vicepresidente Pd del Consiglio regionale veneto, uno dei big locali del partito, consigliere (e già presidente) della fondazione Rinascita 2007, la cassaforte degli immobili Ds-Pd in provincia di Venezia. Il colloquio tra Savioli e Marchese si apre in modo cinematografico: «Sedici!» esclama il primo. Subito dopo, annota il maresciallo che trascrive il dialogo, «si sente un rumore di zip, come se ci fosse un'apertura di una borsa». «Arrivano altri trenta...penso entro agosto» continua Savioli. «Con questi quanto? Cento?» chiede Marchese. «No» («si sente un'apertura di cassetto» annota ancora il verbale), «sono rincoglionito, ecco, centocinque! Avevi ragione tu» risponde Savioli. Un bel totale, da quel che si può capire. I due continuano a parlare, riferendosi in continuazione a Giovanni Mazzacurati, l'ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, il «capo supremo», di cui due volte dice «non è mona l'uomo!». Discutono degli affari da procurarsi tramite il consorzio, delle commesse da procurare a Thetis, una controllata del Consorzio (dove poi è stata assunta la figlia di Patrizio Cuccioletta, l'ex presidente del Magistrato delle acque, il «controllore»). E poi parlano dell'Ospedale di Padova, il megaprogetto a cui la cricca del Mose guardava come al prossimo ricco piatto su cui buttarsi (scrivono i pm: «è diventato del tutto evidente l'interesse per l'ospedale di Padova e l'avidità di Mazzacurati che nonostante l'età avanzata continuava a cercare nuove fonti di guadagno per conto proprio e per conto di altri soggetti quando la costruzione del Mose da parte del Consorzio è entrata nella fase terminale»). Ed è qui che nel colloquio, frammentato e a tratti incomprensibile (è un'intercettazione ambientale), spunta il nome di D'Alema (appuntato dall'ufficiale giudiziario come DALEMA). Il discorso riguarda ancora precedenti incontri con Mazzacurati, e quindi gli interessi del Consorzio sul progetto dell'Ospedale di Padova. «Ti devi accontentare» gli dice Marchese. Risponde Savioli: «No, eh..se lui (Mazzacurati, ndr) mi dice giustamente “se ce la facciamo l'ospedale, sì. Se non ce la facciamo con l'ospedale è ciccia” ovviamente. Però su questo io tengo botta, è chiaro che se lo diamo a D'Alema piuttosto che tu... Direi...direi che sei più pericoloso tu di D'Alema. No perchè lui D'Alema tanto lo ha pesato in altre cose».
L'incontro prosegue ma il nome di D'Alema resta confinato in quella battuta. Anche se non è la prima volta che Savioli lo fa. Nell'interrogatorio del luglio 2013 davanti al sostituto procuratore Paola Tonini, l'ex consigliere del Consorzio risponde alle domande sulla posizione del Pd rispetto ai lavori del Mose. Spiega le differenti valutazioni all'interno del Pd veneto, ma quando il pm gli chiede che posizione avesso il Pd nazionale Savioli risponde: «Come entità unica aveva la posizione favorevole, perché se il Mose è partito anche grazie a D'Alema...».
L'altro big del Pd di cui è Flavio Zanonato, allora sindaco di Padova, poi ministro del governo Letta. Il bersaniano Zanonato era uno dei sostenitori dell'opera, come pure la Regione Veneto (guidata da Giancarlo Galan, per il quale la Procura ha chiesto l'arresto) che nel 2010 delibera una bozza un project financing da 1,7 miliardi di euro, un'altra bella torta da spartire. Il Consorzio punta a prendersi gli appalti, e Mazzacurati si muove mettendo in campo le relazioni con la politica. A partire dal sindaco Zanonato, con cui si siede a tavola, in una cena al ristorante stellato «Le Calandre».

Pio Savioli la definisce una cena «abbastanza importante, perché il capo supremo mio (Mazzacurati) era un po' come si suol dire scoglionato, ecco e invece è ritornato arzillo». L'ex ministro Zanonato non è coinvolto nell'inchiesta, e tantomeno D'Alema, tirato in mezzo nei discorsi della cricca, come altri nomi importanti della politica nazionale. Spesso per pura millanteria.

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