Muore figlio di Varenne

Il padrone del cavallo: "Travolto da un’auto". Ma la tesi non convince

Muore figlio di Varenne

I figli (veri o presunti) del grande Varenne sono come i figli (veri o presunti) del grande Maradona: spuntano un po' ovunque, quando meno te l'aspetti. Di sicuro l'ultimo (ultimo?) discendente di Varenne, il più grande trottatore di tutti i tempi, ha fatto una brutta fine.
La foto che pubblichiamo fa male agli occhi e all'anima: un cavallo steso sull'asfalto, con un rivolo di sangue che gli esce dalla bocca semiaperta. È accaduto domenica scorsa lungo una strada di Palermo, ancora non si sa se in seguito ad un incidente stradale o nel corso di una corsa clandestina.
L'allarme è stato lanciato dallo stesso proprietario dell'animale, indicato dall'uomo come «figlio di Varenne», il mitico Capitano; a confermare o meno il prestigioso pedigree sarà il microchip che l'equino deceduto aveva sotto la pelle. Erano le 7.30, quando è squillato il telefono del comando della polizia municipale: dopo pochi minuti i vigili urbani hanno raggiunto via Basile, trovando It's a dream (questo il nome del cavallo) ormai senza vita.
La versione data dal proprietario del quadrupede lascia perplessi: «Stavo passeggiando col cavallo, quando un'auto ci ha travolti. It's a dream è finito contro un palo ed è morto sul colpo». Indagini sono state avviate per accertare la veridicità del racconto del proprietario, che intanto è stato tragicomicamente multato per avere violato «la normativa relativa alla conduzione di calessi in centri abitati». Secondo quanto accertato dagli investigatori, un cavallo dal nome It's a dream avrebbe gareggiato fino allo scorso luglio in gare professionistiche all'ippodromo della Favorita di Palermo, ma negli ultimi mesi non aveva più partecipato a gare ufficiali.

Una morte misteriosa che fa tornare d'attualità il triste fenomeno delle corse clandestine di cavalli, «rilanciate» forse anche dalla crisi economica che da gennaio scorso ha portato alla chiusura di gran parte degli ippodromi italiani. Uno «scandalo» contro il quale Vittorio Feltri, sulle colonne del Giornale, ha scritto parole durissime: «(...) lo Stato ha spremuto il limone e ora lo ha gettato nella spazzatura (...)». E poi: «(...) Sono stato un biennio presidente degli ippodromi milanesi e ne ho viste abbastanza per capire. I nostri addetti agli allevamenti, alle scuderie e alle gare, e perfino gli spettatori delle medesime, non amano gli atleti quadrupedi: li usano, li sfruttano e li scartano. Li eliminano quando sono spompati, poco competitivi. In altri Paesi li usano e li sfruttano allo stesso modo, ma li rispettano anche dopo, a carriera conclusa. Li mantengono per gratitudine. Ecco. La gratitudine è ciò che manca a noi. E di conseguenza manca la cura che bisogna riservare a chi ci ha servito con generosità. Già, perché i cavalli sono generosi (...)».

E generoso lo era certo anche il povero It's a dream, il cui «sogno» si è infranto ieri contro quel dannato palo, probabilmente per colpa di uomini crudeli.
La banda maledetta delle corse clandestine? Fatto sta che dall'inizio dell'anno - secondo i dati raccolti dall'agenzia animalista Gea Press - il giro di scommesse organizzato dagli aguzzini dei cavalli da corsa è tornato a «galoppare» alla grande. Decine le operazioni di polizia finalizzate alla repressione del fenomeno delle corse clandestine di cavalli: Molise, Abruzzo, Marche, Campania, Puglia e Sicilia le regioni più coinvolte in questo sporco business; ma significativi blitz anno riguardato pure vaste aree del Centro e Nord Italia. Insomma, un malaffare endemico che muove milioni di euro sulla pelle di cavalli trattati come schiavi.

Usati per far soldi e abbandonati agonizzanti sulle strade delle corse proibite. Via Ernesto Basile, il rettilineo lungo il quale ieri è morto It's a dream, faceva parte della vergognosa mappa del «sulky selvaggio». Un indizio che, forse, ha il valore di una prova.

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