Tanto «rumore» (la canzone degli 883 a tutto volume, applausi, pianti disperati...) quando ormai è troppo tardi, tanto «silenzio» (indifferenza, disattenzione, mancanza di solidarietà...) quando Nadia aveva davvero bisogno d'aiuto. I funerali sono sempre cartavetro sulla carne viva, figuriamoci se nella bara c'è una ragazza di 14 anni lacrime uccisa lentamente dal veleno distillato su una chat di vipere. Davanti alla piccola chiesa di Fontaniva (Padova) a salutare Nadia c'erano i suoi amici. Amici è una parola grossa a ogni età, ma che nell'età dell'adolescenza sembra riempirti l'intera esistenza. A 14 anni gli amici sono più importanti perfino dei genitori. Perché a loro (agli amici) si confidano cose che non si dicono agli «altri» (a mamma e papà). Quando - noi «altri» - ci poniamo il problema di decriptare le inquietudini dei figli, spesso non troviamo la chiave di accesso. Il padre di Nadia ha raccontato di aver a volte «analizzato» gli sms sul cellulare della sua «bambina» (a quell'età non si sai mai bene come chiamarli...) ma di non aver trovato nulla di preoccupante. Le tracce di quel malessere interiore che l'ha portata a gettarsi dall'ottavo piano di un albergo abbandonato, Nadia non le portava infatti nel telefonino, ma direttamente nell'anima. Una serenità persa per colpa di frasi infami inviatele su Ask.fm la chat dell'odio bazzicata da jene senza nome ma con tanta voglia di far mar male ai più deboli. E Nadia debole lo era. I suoi amici - molti dei quali giustamente si disperavano al suo funerale - lo sapevano, dovevano saperlo. E allora perché nessuno si è fatto avanti? Nessuno ha offerto a Nadia una spalla su cui piangere, una mano da stringere asciugandole le lacrime? Forse da queste domande senza risposta ha avuto origine il momento di tensione che l'altro giorno, durante la celebrazione del funerale, ha reso ancora più doloroso l'addio a questa ragazza che ogni genitore oggi sente un po' come sua figlia. In chiesa un parente della giovane ha contestato un'amica di Nadia che stava leggendo un messaggio d'addio dall'altare. L'uomo ha prima fatto alcuni gesti con la mano, poi a voce alta ha detto «basta, basta», chiedendo che la ragazza di fermasse. Quest'ultima, una compagna di classe di Nadia, aveva appena finito di leggere alcune righe «eri una compagna serie e discreta, scusa se non siamo riusciti ad aiutarti quando ne avevi bisogno...». L'intervento dell'uomo ha convinto un'insegnante che accompagnava la ragazza a farla scendere dal leggio. Successivamente la giovane è scoppiata in lacrime.
Un'episodio spia della sofferenza con cui i familiari hanno vissuto la tragica fine della 14enne, convinti che se gli amici e i compagni di scuola avessero fatto presente prima i rischi che Nadia correva affidando i propri patimenti al sito Ask.fm forse la tragedia poteva essere evitata.
Per fortuna molto meno tragici sono i contorni della vicenda di Sarah, la 15enne di Bollata picchiata selvaggiamente dalla «Giovi», sua coetanea. Una banale storia di fidanzatini contesi, che gli amici presenti alla rissa hanno - loro malgrado - trasformato in un caso nazionale, riprendendo la lire col telefonino e poi postando il video sul web. Eccoli ancora una volta protagonisti: gli amici.
Ragazzi e ragazze che invece di intervenire per sedare lo scontro (in realtà a picchiare era solo la «Giovi») istigavano a proseguire. Solo dopo una lunghissima sequenza di calci, pugni e schiaffi, un'amica di Sarah si è messa davanti a lei facendole scudo davanti alla furia della «Giovi». Tutti intorno, gli altri amici ridevano e filmavano.Amici?
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