Mentre le prime riforme chiave di Matteo Renzi, dal lavoro al bicameralismo, arrivano al vaglio delle Camere, il Quirinale assicura la propria «vigilanza» su coperture e compatibilità con i vincoli Ue dei provvedimenti del governo, rispondendo agli allarmi lanciati da Forza Italia.
«Non mancherò di vigilare sul rispetto delle regole che disciplinano gli equilibri di bilancio e dei vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea», fa sapere il presidente Napolitano. Ma precisa che lo farà «allorché posto di fronte a provvedimenti formali approvati dalle Camere o adottati dal governo, non potendo ovviamente intervenire rispetto a indiscrezioni o a meri, generici preannunci di intenzioni». In ogni caso, avverte, nei prossimi giorni il capo dello Stato avrà modo di «intrattenersi sul tema con il ministro dell'Economia e delle Finanze». È la risposta del Colle al capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta, che aveva sollevato l'allarme sul taglio dell'Irpef e sulle «fantasiose coperture» dei famosi «80 euro in busta paga» annunciati dal premier per gli stipendi più bassi, già prevede «problemi più che politici istituzionali» per Renzi, e avverte che «è in gioco l'articolo 81 della Costituzione».
A Palazzo Chigi però non paiono granché preoccupati dalle solerti denunce di Brunetta: «È comprensibile che l'opposizione tifi contro gli 80 euro», si limitano a dire. Al rientro dagli allori internazionali raccolti a Londra, Matteo Renzi ha intenzione comunque di concentrare tutte le sue energie sulla preparazione del Def e sulla definizione delle coperture al taglio dell'Irpef. «Ora starò un po' a Roma, perché c'è molto da fare», dice da Bruxelles.
Sul decreto lavoro, il governo Renzi si accinge a concedere alcuni ritocchi (in verità messi in conto già dalla presentazione) e la minoranza del Pd a rivendicarli come grandi conquiste, per poi votare disciplinatamente il testo Poletti. Il ministro ieri sera ha incontrato il gruppo parlamentare per ascoltare obiezioni e proposte, ma già nei giorni scorsi si era incontrato sia con il capogruppo Roberto Speranza che con il presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano, e aveva chiarito con loro il possibile campo d'azione. «Non vogliamo stravolgere il testo del governo - assicura Damiano - ma non accettiamo neppure che sia un dogma indiscutibile. Qualche aggiustamento va introdotto». E il governo si è lasciato i margini per farlo, a cominciare dalle otto proroghe dei contratti, che saranno ridotte. «Ma attenzione anche alla Ue - avverte Damiano - se non si garantisce una quota di formazione pubblica nell'apprendistato si rischia di incorrere in una procedura di infrazione».
Nella settimana dopo Pasqua, a partire dal 22 aprile, la riforma Poletti sarà varata dalla Camera. Mentre nel frattempo al Senato salperà, prima in Commissione e poi in aula, il pacchetto delle riforme costituzionali: navigazione perigliosa, tra scogli e marosi, ma la rotta è segnata e il premier non ha alcuna intenzione di deviare.
La prima battaglia è sui tempi: i tentativi di rallentare sono molti, e per questo ieri i renziani hanno chiesto al gruppo parlamentare l'impegno a rispettare l'agenda di governo. «In Senato il Pd assicura approvazione delle riforme in prima lettura entro 25 maggio. Miglioramenti sì, stravolgimenti no», dice Andrea Marcucci.
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