Roma - Votare, quello no, non se parla nemmeno. «Elezioni anticipate? Non diciamo sciocchezze», avverte secco da Lisbona Giorgio Napolitano. Del resto la parola voto è stata da tempo sospesa dal vocabolario presidenziale: secondo il capo dello Stato nemmeno in caso di rottura insanabile tra Letta e Renzi si andrebbe alle urne perché, spiega, «bisogna proseguire sulla strada delle riforme e della solidarietà».
Ma a Roma il duello tra Enrico e Matteo è arrivato alle stoccate decisive. Letta resiste, non vuole cedere, siamo al muro contro muro. «Io però di muri non ne vedo - commenta Napolitano - anche perché sono qui al vertice Copec». E più che una previsione, questo sembra uno scongiuro, un rito scaramatico, perché un premier barricato a Palazzo Chigi con un segretario del partito di maggioranza che l'assedia è l'ultima cosa che il presidente vorrebbe vedere.
Eppure, se il presidente del Consiglio non se ne andrà da solo, sarà difficile per il segretario del Pd sfrattarlo dal governo. E i segnali serali non sono buoni. Letta, piuttosto che fare un passo indietro, dice di voler essere sfiduciato dal Parlamento. Renzi, piuttosto che fermarsi, risponde di essere pronto ad andare alle elezioni. Un'ipotesi che Napolitano definisce, appunto, «una sciocchezza».
Ma il capo dello Stato non ce l'ha solo con il sindaco di Firenze. Pure il premier, ai suoi occhi sta esagerando, non si può tirare troppo la corda. L'Italia non si può permettere di buttare a mare quei piccoli segnali di ripresa, se davvero ci sono. «La fiducia faticosamente riguadagnata non deve essere indebolita dal riaccendersi dei timori sulla risolutezza del Paese a proseguire sulla via virtuosa», spiega parlando al vertice con i capi di Stato di Spagna e Portogallo.
E in quella strada, insiste, c'è «la responsabilità», ma anche «le riforme». Le riforme, cioè Renzi. Napolitano ha già scaricato Letta però, prima di incoronare il «bimbo» fiorentino, aspetta che il Pd prenda una posizione finale su Impegno Italia. Al momento, spiegano al Quirinale, la questione è tutta politica ed esula dalle competenze del capo dello Stato, che «non ha elementi» e non vuole interferire in un dibattito interno al partito di maggioranza. Solo quando la cosa sarà chiarita, quando Renzi risponderà, si potrà «passare al livello istituzionale» e a ragionare di quali saranno i passaggi formali da compiere. Dimissioni? Voto di fiducia? Consultazioni?
In attesa che i tempi siano maturi, Napolitano cerca di tenersi fuori. Addirittura ostenta distacco. «Non ho notizie fresche», dice nel primo pomeriggio uscendo dal pranzo con re Juan Carlos e Hanibal Cavaco Silva. Wait and see, la linea del Colle.
Il Quirinale attende e si prepara a «qualunque evenienza», con l'unica preoccupazione di concludere quanto prima questa fase di fibrillazione per non dare una cattiva immagine all'estero e ai mercati che potrebbero punire un nuovo periodo di incertezza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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