Caso Sallusti

Napolitano: seguo il caso Sallusti

Il direttore del Giornale rischia il carcere per omesso controllo ai tempi in cui dirigeva Libero. Il portavoce di Napolitano scrive su Twitter: il presidente esaminerà la questione. La precisazione dopo la richiesta, in rete, del deputato pd Mario Adinolfi. Intanto tutta la stampa si schiera contro l'eventualità dell'arresto e del carcere. Anche i partiti sono d'accordo: legge illiberale

Napolitano: seguo il caso Sallusti

Il Quirinale segue il caso Sallusti. E si riserva una sua valutazione sulla vicenda: il direttore del Giornale conoscerà il suo destino mercoledì prossimo, quando la Cassazione stabilirà se confermare o meno la condanna di Sallusti a 14 mesi di carcere, senza condizionale. Non è detto che Giorgio Napolitano intervenga, a maggior ragione prima di quella scadenza, anzi è probabile che almeno per il momento taccia per non interferire col lavoro dei supremi giudici, ma certo la notizia filtrata nel pomeriggio fa capire che i giochi non sono affatto chiusi. A parlare è Pasquale Cascella, portavoce del presidente della Repubblica. Cascella risponde a un tweet firmato da Mario Adinolfi, blogger e deputato del Pd che sulla vicenda si sta spendendo molto. «Vedere Sallusti in carcere per un'opinione espressa - è il pensiero di Adinolfi - sarebbe gravissimo. Intervenga il capo dello Stato». Pronta la replica di Cascella, sempre via tweet: «Il presidente della Repubblica, naturalmente, segue il caso e si riserva di acquisire tutti gli elementi utili di valutazione».

È stato proprio Adinolfi a sottolineare che Napolitano è anche il presidente del Csm e insomma è il numero uno dell'organo di autogoverno dei giudici. Quindi, senza volersi sovrapporre a niente e a nessuno, e senza voler censurare l'opera delle toghe, Napolitano può chiedere gli incartamenti per capire come si possa arrivare a comminare una pena detentiva solo per aver messo in pagina un commento, per quanto duro. Ma soprattutto, sul versante giudiziario, Napolitano vorrà sapere come sia possibile che il direttore di un quotidiano politico, che fra l'altro rappresenta una vasta area dell'opinione pubblica, venga considerato dalla corte d'appello di Milano un soggetto cui non può essere concessa nemmeno la condizionale e quindi la sospensione della pena. «Per Sallusti - si legge nel verdetto di rito ambrosiano - non è possibile formulare una prognosi favorevole e ritenere che egli si asterrà dal commettere in futuro ulteriori episodi criminosi». Quale sarà la riflessione del capo dello Stato sul tema? Si possono catalogare le opinioni espresse da un giornale, per quanto ruvide, come «episodi criminosi»? Insomma, se il direttore di un foglio di carta rischia il carcere come e più di un ladro, di uno scippatore o di un truffatore, c'è qualcosa che non quadra.

Naturalmente, può anche accadere che sia la Cassazione a modificare il verdetto, magari annullando la sentenza d'appello e ordinando la celebrazione di un nuovo dibattimento di secondo grado che tenga conto delle eventuali osservazioni critiche degli ermellini. Al momento, si tratta di ipotesi.
Se invece mercoledì la Suprema corte dovesse confermare la condanna, allora si passerebbe all'esecuzione della sentenza e in quel caso Napolitano potrebbe intervenire in seconda battuta, per esempio con la concessione della grazia. Che in qualche modo disinnescherebbe il caso concreto. Napolitano potrebbe cancellare con un tratto di penna la sanzione: di solito, nel nostro Paese, per le pene fino a tre anni non il carcere ma l'affidamento in prova ai servizi sociali.

Ma il Quirinale può anche battere il tasto della politica e far capire al Parlamento che sarebbe l'ora di modificare la legge. Non che le Camere non siano già ingolfate di proposte che viaggiano alla velocità di una lumaca o si sono arenate in qualche cassetto, come le ormai mitiche riforme istituzionali sempre annunciate e mai realizzate. Ma certo anche il lungo dibattito sulla diffamazione che è andato avanti per anni, anche sul Giornale, alla fine non ha prodotto alcuna modifica legislativa. E oggi Sallusti rischia il carcere per un reato di opinione e, beffa finale, nello specifico per un articolo che nemmeno ha scritto. Una situazione insostenibile, incompatibile con gli standard di una democrazia matura e dell'Europa contemporanea.
A chiedere che sia la politica a battere un colpo è anche il leader di magistratura indipendente Cosimo Ferri, il giudice più votato d'Italia, con un exploit di oltre mille voti, alle recenti elezioni per il rinnovo dei vertici dell'Associazione nazionale magistrati.

«La soluzione del problema che periodicamente si pone circa i limiti e i confini del diritto di critica - spiega Ferri al Giornale - deve essere trovata dal legislatore e non dal giudice che ha l'obbligo di muoversi in un contesto ben definito, con limiti normativi anche alla sua discrezionalità».

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