"Nel 2014 non ci sarà ripresa. L'Italia rischia di crollare"

Confcommercio non crede alle previsioni positive. E fa bene: dietro all'ottimismo del governo c'è un asse con Confindustria e sindacati

«Se le cose continuano in questo modo, il 2014 non sarà certo l'anno della ripresa, con il rischio che la crisi economica si trasformi in crisi sociale». Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha denunciato da Venezia la sostanziale inefficacia della legge di Stabilità affermando che la manovra non riesce a centrare uno dei suoi obiettivi principali: «Una poderosa operazione “meno spesa meno tasse“, anzi si continua a far quadrare i conti dello Stato usando la leva fiscale». Non si è trattato di un'invettiva estemporanea. Le critiche di Sangalli rappresentano il commento a una ricerca condotta dalla confederazione dei commercianti e dal Centro Europa ricerche (Cer) e presentata ieri al Forum dei giovani imprenditori del terziario. La pressione fiscale resterà inchiodata fino al 2016 a quota 44 per cento, mentre nel 2014 ci dovrebbe essere solo un lieve calo di 0,1 punti al 44,2 per cento. Secondo l'indagine del Cer, tra il 2012 e il 2017 lo Stato preleverà dalle tasche delle famiglie 81 miliardi consentendo un aumento di 50 miliardi della spesa pubblica. «Un tale carico fiscale è incompatibile con qualsiasi tipo di ripresa», ha chiosato Sangalli ricordando che il governo dovrebbe invece mettere mano quanto prima al taglio della spesa improduttiva e «aggredibile» che vale circa 100 miliardi. Il presidente di Confcommercio ha inoltre stigmatizzato l'aumento dell'aliquota Iva principale dal 21 al 22 per cento rimarcando come sia stato compiuto «un errore gravissimo perché colpisce le fasce più deboli, una quota di famiglie che si sta ampliando». D'altronde, come ha fatto notare ieri la Cgia di Mestre, anche il Natale potrebbe non essere un periodo fausto (vedi sotto). Dalle considerazioni di Sangalli discendono, perciò, due conseguenze di tipo politico. In primo luogo, l'obiettivo della critica è stato focalizzato nel ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, ormai solo assieme al premier Letta nel ribadire che la ripresa sia vicina. Persino il viceministro Stefano Fassina, ieri a Venezia con Confcommercio, non ha sottaciuto la gravità della crisi pur non prendendo le distanze dall'esecutivo. La seconda conseguenza è un corollario della prima. Criticando le misure sulle quali Saccomanni ha messo la faccia, Confcommercio ha preso le distanze anche da Confindustria e sindacati. Sebbene il numero uno di Viale dell'Astronomia, Giorgio Squinzi, abbia più volte demolito l'impianto della manovra senza eufemismi («Quante porcate!»), non ha portato ai naturali esiti le proprie determinazioni. Da una parte perché nella Confindustria stessa ha finito col prevalere l'assioma della «stabilità» del governo rispetto alle altre istanze della base associativa, sempre più sconfortata dinanzi alle tragiche cifre snocciolate del Centro studi. Pure Confcommercio ha sostenuto l'importanza di evitare «crisi al buio» ma non ha sacrificato le proprie istanze sull'altare del governismo. Dall'altra parte, invece, occorre registrare che l'asse Confindustria-sindacati, in fondo, qualche cosa con la manovra ha portato a casa. I 5 miliardi stanziati da Letta sono pochi ma rappresentano comunque il primo punto del documento di Genova di inizio settembre con il quale imprenditori, Cgil, Cisl e Uil chiedevano a Letta & C. la riduzione del prelievo fiscale sul lavoro. Ecco, Squinzi e i segretari confederali non sono invece a riusciti a raggiungere il secondo obiettivo che si erano prefissati con quell'intesa: fare pressione affinché fosse diminuita, in maniera generalizzata, la pressione fiscale. Il paradosso, tuttavia, è che sia le imprese che i rappresentanti dei lavoratori, alzando la voce, hanno più da perdere che da guadagnare.

Letta ha già minacciato una marcia indietro sul taglio del cuneo, mentre l'emendamento che ampliava a 12mila euro la no tax area è già stato bocciato dal governo. Sangalli, implicitamente, non ha fatto altro che ricordarlo.

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