Tanto è forte l’insofferenza verso il governo Monti e la tentazione di far saltare davvero il banco che neanche l’appello accorato di Gianni Letta o la lunga telefonata tra Berlusconi e Monti riescono davvero a calmare le acque. Certo, a guardare il termometro ieri la temperatura era scesa di qualche decimo di grado, ma il livello di tensione resta comunque alto ed è difficile prevederne davvero le conseguenze.
Ed è questa, forse, l’unica ragione per cui perfino uno solitamente cauto come Letta è costretto ad alzare la voce. È mercoledì notte e a Palazzo Grazioli è appena finito il «giro» di tavolo per valutare il risultato delle amministrative. Seppure con sfumature diverse - c’è chi vorrebbe il voto anticipato e chi si accontenterebbe di un «deciso allontanamento» dal Professore - tutti sono d’accordo sul fatto che il Pdl debba al più presto «sganciarsi» dal governo. E lo stesso Cavaliere scuote più volte la testa in segno di assenso mentre ascolta gli interventi dei presenti. Tocca all’ex sottosegretario alla presidenza, insomma, provare a frenare la valanga in arrivo. Con tono piuttosto grave Letta «ricorda a tutti» che se Monti dovesse cadere «i mercati ci punirebbero pesantemente» e «l’Italia rischierebbe la fine della Grecia». Un disastro, è il suo ragionamento, che andrebbe «in conto» a chi decidesse di staccare la spina al governo. Parole decise, anche se - forse per la prima volta - più di uno dei presenti interviene per ribattere. Non che si metta in discussione il senso di quanto detto da Letta, ma Alfano, Lupi, Cicchitto, Corsaro insistono nel ripetere che non si può comunque ignorare «il malessere del nostro elettorato». Anche perché andare avanti così fino alle elezioni del 2013, insiste Gasparri, significherebbe «la liquefazione del Pdl».
La convinzione, insomma, è che serva un cambio di registro. Il dubbio, invece, è come concretizzarlo. «Dovrebbe cadere il governo ma non per mano nostra», la butta lì Berlusconi quasi fosse un auspicio. Ma è come volere la botte piena e la moglie ubriaca. Quel che è certo è che il clima è surriscaldato come mai prima, al punto che Letta non si limita alla netta presa di posizione durante il vertice di Palazzo Grazioli ma rimette in moto la sua macchina diplomatica. Contatti a 360 gradi, con Palazzo Chigi per ottenere una correzione di rotta dopo l’uscita di Monti sulle «conseguenze umane» della crisi (leggi suicidi) e anche con Casini per verificare se sia possibile riprendere un dialogo. D’altra parte, il leader dell’Udc ha ammesso che il voto moderato è finito «sotto le macerie» ed ora sta valutando tutte le ipotesi, compresa quella della Confederazione dei moderati lanciata da Berlusconi.
Ed è proprio grazie agli uffici di Letta che il Cavaliere e Monti si sentono al telefono nel tentativo di un chiarimento visto che l’ex premier resta convinto che il Professore intendesse attribuire al suo governo la responsabilità dei suicidi di questi mesi. Un colloquio che evidentemente non basta se ieri sera ben 41 deputati del Pdl - ex Forza Italia ed ex An, da Brunetta a Meloni e Beccalossi - hanno firmato un’interrogazione parlamentare per chiedere a Monti di spiegare il senso della sua frase sulle «conseguenze umane» della crisi. Una presa di posizione che arriva qualche ora dopo l’altolà di Alfano che in una nota invita il governo Monti a non toccare la riforma della pubblica amministrazione varata dal governo Berlusconi: «Sarebbe un errore».
Il Pdl, insomma, resta sugli scudi nonostante i contatti e le mediazioni.
Segno che il Cavaliere - seppure ancora in riflessione - resta comunque molto scettico. Ecco perché non è escluso che l’ex premier possa convocare un ufficio di presidenza del Pdl a breve, già prima dei ballottaggi, per affrontare la questione del sostegno a Monti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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