Politica

Il Nord è senza voce? Di' la tua a il Giornale

Per trent'anni il Senatùr ha lottato per il suo popolo. Molti temono di non avere più una voce. Chi rappresenterà adesso il Nord? Quali sono le istanze da portare a Roma? Scrivete al Giornale.it

Il Nord è senza voce? Di' la tua a il Giornale

"Chi sbaglia paga, qualsiasi nome porti". Il gladiatore lascia con onore. A testa alta. Fa un passo indietro "per il bene della Lega e per tutelare la mia famiglia" e consegna le dimissioni al consiglio federale. Chi era presente al consiglio federale, parla di forte commozione tra i vertici del Carroccio. Il Capo che abbandona la lotta. E tra la base c'è un pensiero che inizia a serpeggiare: adesso chi darà voce al Nord?

"Padania? Libera!". Quando Umberto Bossi ha iniziato a parlare di federalismo, la sfida del Nord produttivo è piombata addosso ai palazzi romani come un macigno. Perché dentro alla Lega Nord, per tre lunghi decenni, ha trovato respiro e voce un popolo che troppo a lungo è stato dimenticato dalla politica centralista e accentatrice. Nel giorno delle dimissioni del Senatùr da segretario del Carroccio sono passati vent'anni esatti da quelle elezioni del 5 aprile del 1992 che sancirono lo sbarco in forze dei lumbard in parlamento, con il debutto alla Camera di ben 55 deputati, incluso lo stesso Bossi, e l’approdo al Senato di 25 camicie verdi. Il 5 aprile del 1992, raccontano le cronache dell’epoca, Bossi si presentò al seggio nella sezione della scuola elementare Sacco di Varese, accompagnato "dalla compagna Manuela Marrone e dai due piccoli figli Renzo e Roberto Libertà". Bossi era già senatore dal 1987, ma fu nel 1992 che si aprì ufficialmente la lunga stagione parlamentare della Lega Nord.

Quando Silvio Berlusconi, prima imprenditore e poi leader di un partito (Forza Italia) profondamente ancorato al pragmatismo "padano" e alla filosofia del ghe pensi mi, ha deciso di scendere nell'agone politico, ha subito intercettato gli umori dei leghisti. Una love story segnata anche da liti e riappacificazioni. Insieme hanno portato nella Roma crapulona e godereccia le istanze degli imprenditori che, dalla Brianza al Veneto, hanno messo in piedi una filiera produttiva fatta di quelle piccole e medie imprese che sono il vero marchio del made in Italy. Insieme hanno portato in parlamento quelle spinte federaliste che hanno dato maggiore respiro agli enti locali. Trent'anni di battaglie. Il rito dell'ampolla, il dio Po, le camicie verdi, i dialetti nelle scuole e l'orgoglio delle tradizioni locali, l'argine a un'immigrazione incontrollata, il freno all'avanzata dell'islamismo. Trent'anni di battaglie che hanno irrobustito la Lega Nord trasformandola in un partito anti nazionalista ma profondamente tradizionalista, anti clericale e al tempo stesso ancorato ai simboli cristiani e alle leggende pagane, anti mondialista ma sinceramente schierato dalla parte dei più deboli. Perché la forza di Bossi è stata sempre quella di prendere le parti del suo popolo, al di fuori delle logiche del partito romanamente inteso. E, adesso che l'anima di questo movimento non c'è più, sono in molti temere che tutte queste istanze non possano più aver voce. Chi rappresenterà adesso il Nord? Quali sono le istanze da portare a Roma? Scrivi al Giornale.

it.

Commenti