Le «note spese» dei santi nel mirino di Francesco

Caro Direttore,
da libera cittadina di uno Stato che si definisce democratico e civile, sento di dover lanciare un grido di dolore per la vicenda della piccola Francesca, la ragazzina di Roma che dopo aver subito molestie sessuali da un conoscente fin da bambina e dopo aver trovato il coraggio di denunciare alla madre quanto accaduto, si trova adesso, dopo due sentenze di colpevolezza a carico del pedofilo, a convivere di nuovo con lui, nello stesso condominio, come se nulla fosse successo.
Da donna e madre, mi domando quale grottesca perversione nel meccanismo delle nostre leggi possa determinare tanta crudeltà, costringendo la ragazzina a soffrire due volte, lasciata sola da uno Stato che si ripromette a parole di proteggere i suoi cittadini, specie quelli più indifesi, e che poi produce queste assurdità, spesso per leggerezza.

Vorrei vivere in un Paese in cui la legalità non fosse solo una parola, ma una realtà; in un Paese in cui i responsabili di tanta efferatezza pagassero, e non mi riferisco solo al pedofilo, ma anche a quei giudici che si limitano ad applicare la legge, senza valutare le conseguenze delle loro sentenze. È chiedere troppo? Chi proteggerà Francesca? Toccherà a noi cittadini difenderla, magari con una carezza, magari con una catena umana?
È tutto quello che possiamo fare?

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