MilanoChi, se non Alberto? Non spetta a noi, rispondono i giudici della Corte dappello di Milano, chi fu ad assassinare con ferocia e brutalità Chiara Poggi nella sua casa di Garlasco, la mattina del 13 agosto 2007. Noi dovevamo solo valutare se contro Alberto Stasi cerano prove: e non ce nerano, solo «mere congetture», «indizi non gravi». Il resto appartiene al mondo inevitabile del caso e del mistero. Però, nelle righe delle motivazioni depositate ieri della sentenza che il 6 dicembre mandò assolto per la seconda volta lex fidanzato di Chiara, uno scenario alternativo la Corte dappello lo indica. Ed è lo scenario del delitto di uno sconosciuto, forse di un furto finito male.
«Una persona mai raggiunta dalle investigazioni»: è questo il vero assassino che fa la sua comparsa a pagina 152 delle motivazioni scritte dal giudice relatore Fabio Tucci. «Non vi sono ragioni per le quali «deve escludersi che l'omicidio possa essere stato l'epilogo di un tentativo di furto o di rapina nell'abitazione della famiglia Poggi» (...) Non vi sono segni di effrazione alla porta. Però non vi sono prove che escludono che Chiara Poggi quella mattina, una volta svegliatasi, abbia disattivato l'allarme ed abbia fatto uscire il gatto in giardino, lasciando socchiusa la porta di ingresso. O forse l'ha chiusa; ma può averla aperta scorgendo che qualcuno era entrato nel giardino.
Il ladro o il rapinatore potrebbe aver perso il controllo a seguito della possibile ed inaspettata reazione della vittima, ed avrebbe potuto ucciderla nel modo efferato che si conosce. E poi potrebbe essere scappato via; senza sottrarre nulla e contravvenendo al suo progetto iniziale, perché fuori di sé per quanto accaduto».
Lo stesso giudice dice che è uno scenario quasi di fantasia, non sorretto da fatti concreti: ma altrettanto privo di sostegni concreti è la pista che ha portato la Procura a indicare solo e soltanto Alberto Stasi come lunico colpevole possibile.
Invece ci sono «scenari attraversati da altri protagonisti, e che forse sono stati caratterizzati da progressioni criminose non esplorate, e quindi rimaste ignote». Contro Stasi, solo unimpronta sul portasapone, e macchie imprecisate sui pedali della sua bici. Troppo poco. É doloroso, che questa tragedia resti impunita.
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