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Dopo le Ong gli scafisti: la strategia del Viminale sulle nuove rotte

Molte le partenze dalla Cirenaica nell'ultimo anno e mentre per la rotta tunisina è possibile intervenire parlando con il governo locale, a Bengasi si resta in balia degli interessi del generale Haftar

Dopo le Ong gli scafisti: la strategia del Viminale sulle nuove rotte

Da qualche mese a questa parte non si può parlare più di “rotta libica”, bensì di rotte libiche. Il plurale è dato dal fatto che adesso sono almeno due le regioni di partenza dei migranti dal Paese nordafricano.

Prima i barconi salpavano solo dalla Tripolitania, adesso invece è anche la Cirenaica ad essere interessata dal fenomeno. A dimostrarlo sono i pescherecci con più di 500 persone a bordo arrivati in estate lungo le coste crotonesi. Il fronte quindi si è allargato e il governo italiano adesso deve fronteggiare una situazione in cui i trafficanti sembrano trovare sempre più sponde nell'altra parte del Mediterraneo.

La strategia del Viminale

Al ministero dell'Interno hanno ben chiara la situazione: ci sono vecchie e nuove rotte alle porte dell'Italia e per ognuna occorre una specifica strategia. La “storica” rotta della Tripolitania è quella che coinvolge direttamente le Ong. Le navi cosiddette umanitarie operano nello specchio d'acqua dinnanzi la parte occidentale della Libia. Il ministro Matteo Piantedosi ha spesso fatto riferimento al pull factor, di cui ha parlato anche Frontex nei mesi scorsi. Al fattore di attrazione cioè che le navi Ong avrebbero su scafisti e trafficanti situati lungo le coste tripoline.

Il recente decreto sicurezza è intervenuto quindi sulle Ong e la stretta alle loro attività, negli auspici del governo italiano, dovrebbe far ridimensionare il flusso migratorio riguardante la prima rotta libica. Ma la rotta cireanica, al pari di quella tunisina, nulla hanno a che fare con le attività delle Ong. Si tratta in gran parte di pescherecci o barchini (come nel caso tunisino) che partono e arrivano in maniera autonoma. Vengono cioè intercettati a largo delle nostre coste e non in alto mare, come invece visto in occasione delle operazioni delle Ong.

Per queste due rotte dunque l'obiettivo dell'esecutivo italiano sarebbe quello di intervenire direttamente sugli scafisti e sulle cause che spingono migliaia di cittadini africani a imbarcarsi verso l'Europa. Il primo passo è quello di un maggiore sostegno ai governi interessati. E per quanto riguarda Tunisi, i problemi sono minori che altrove. Qui non ci sono guerre e c'è un ordinamento piuttosto stabile, al netto della crisi economica e delle novità politiche che hanno interessato la Tunisia negli ultimi mesi.

Occorre quindi chiedere maggiori sforzi alle autorità locali per il pattugliamento delle coste. Anche se, come vociferato da una fonte del Viminale a La Stampa, la guardia costiera di Tunisi fa già molti sforzi ma “la pressione da affrontare è tanta”. C'è poi un piano politico-economico legato agli investimenti da fare nelle aree africane sottosviluppate. Ossia, a quei piani della commissione europea per la “dimensione esterna” con i quali poter puntare allo sviluppo delle regioni da cui si parte maggiormente.

Si tratta però di piani di medio e lungo termine. Nell'immediato, l'esecutivo spera nell'efficacia della stretta sulle Ong (con la possibilità che gli effetti fermino le partenze non solo dalla Tripolitania ma anche dall'interno nord Africa) e in un maggiore dialogo con il governo tunisino.

I problemi legati alla Cirenaica

Più complicata invece la questione relativa alla nuova rotta cirenaica. La nuova tratta è un'incognita. I barconi partono in una zona della Libia controllata dal generale Khalifa Haftar. Il quale apre e chiude i rubinetti agli scafisti a seconda delle convenienze. Essendo Haftar ancora un attore importante a livello militare, ma sempre meno decisivo sul fronte politico, il generale potrebbe aver puntato molto sulla questione migratoria per tornare a ritagliarsi un proprio ruolo nel dossier libico.

A partire dalla Cirenaica sono soprattutto egiziani e bengalesi. Sfruttando i porosi confini con l'Egitto, in migliaia raggiungono l'est della Libia e si imbarcano per l'Italia. I bengalesi, dal canto loro, sfruttano i voli a basso costo per Il Cairo. Dunque una prima mossa da parte del governo potrebbe essere quella di chiedere all'Egitto controlli maggiori lungo i confini con la Libia.

Ma sull'incidenza sull'opera degli scafisti in Cirenaica, purtroppo occorre attendere le evoluzioni sul campo libico.

Senza una stabilizzazione del Paese nordafricano e con pezzi di territori affidati al controllo di singole milizie, sia a est che ad ovest sarà molto difficile in tempi brevi risolvere la situazione.

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