Di nuovo in pensione a 58 anni: i partiti smontano la riforma per evitare l'esercito di esodati

RomaÈ la principale (c'è chi dice l'unica) riforma messa in campo dal governo Monti. Quella che a regime produrrà un serio taglio della spesa pubblica e ammorbidirà l'ingiustizia di un pensionamento sotto i 60 anni, finanziato con i soldi delle generazioni future. Nelle stanze parlamentari, però, senza troppi annunci, dibattiti o discussioni, c'è chi lavora per ammorbidirla. Favorendo di fatto una controriforma soft che mandi di nuovo in quiescenza i lavoratori a 58 anni.
Il blitz parlamentare contro la riforma delle pensioni è andato in scena nella commissione Lavoro della Camera dove è stata approvata la proposta dell'ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, che impegna il governo a completare la riforma con cinque articoli di altrettanti disegni firmati dallo stesso Damiano, Dozzo (Lega) e Paladini (Idv). Uno schema complessivo che ha convinto anche il Pdl (ad eccezione di Giuliano Cazzola), l'Udc, Fli e Popolo e territorio. La proposta ha una priorità: l'allargamento della platea degli esodati e, nel tempo stesso, l'offerta di una finestra per lasciare il lavoro a 58 anni. Si tratterrebbe di una sperimentazione fino al 2017 per consentire l'accesso alla pensione ai lavoratori dipendenti di 58 anni (57 le donne) fino a tutto il 2015 e poi 59 (58 le donne) fino alla fine del 2017, purché si abbiano 35 anni di contributi. L'assegno che ne deriverebbe sarebbe meno cospicuo perché calcolato con il sistema contributivo.
Questa norma sarebbe aggiuntiva alla riforma Fornero e non sostitutiva. Inoltre per gli esodati è previsto il riconoscimento degli accordi di mobilità stipulati entro il 31 dicembre 2011 anche in sede non governativa, la maturazione del diritto alla pensione entro 24 mesi dalla fine della mobilità e il superamento dei vincoli, posti dalle nuove norme, nel caso di prosecuzione volontaria della contribuzione. La copertura economica necessaria a far decollare la proposta sarebbe di cinque miliardi di euro fino al 2019 (che si sommerebbero ai 14 già stanziati dal governo per gli esodati). Soldi che arriverebbero dall'aumento del prelievo fiscale su giochi pubblici online e lotterie istantanee, ferma restando la clausola di salvaguardia già prevista dalla legge, che potrebbe far aumentare i contributi sulle imprese. Insomma, se non una controriforma almeno un robusto ammorbidimento della riforma Fornero. E il paradosso è che a votarla sono state anche forze che sulla carta si dichiarano ultramontiane, come l'Udc e Futuro e libertà.
La strada per l'approvazione definitiva è però ancora lunga. E i segnali che arrivano dal Pdl lasciano intravedere la possibilità di uno stop nei successivi passaggi parlamentari. «A proposito delle ipotesi bipartisan di legge sulle pensioni avanzate in sede di commissione Lavoro, dobbiamo dire, come gruppo parlamentare Pdl, che abbiamo moltissime perplessità specifiche e una ulteriore perplessità di fondo» dichiara il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto.
E Giuliano Cazzola fa una previsione. «I costi dell'operazione sono talmente importanti che quel testo non supererà mai l'ostacolo della commissione Bilancio. Si è voluto compiere un'operazione meramente elettorale - conclude il parlamentare - tanto più grave in presenza di una lettera del ministro Elsa Fornero che chiedeva alla commissione di soprassedere fino a settembre impegnando il ministero a valutare con attenzione le soluzioni e i costi, in un ambito sostenibile di finanza pubblica».
Nel Partito democratico ad alzare la voce è Mario Adinolfi, da sempre attento al tema della solidarietà intergenerazionale. «Reintroduzione delle quote di anzianità e possibilità di andare in pensione a 57-58 anni.

Insomma una bella riproposizione della politica “cancelliamo-lo-scalone” che tanto bene ha fatto ai conti pubblici e alla credibilità del centrosinistra e dell'ultimo governo Prodi. Ecco, io di tutte queste cose vorrei discutere».

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