Quel buco nero di Scalfari sepolto nel silenzio dei media

Sarebbe interessante fare luce se i rapporti tra lui e i suoi editori sono sempre stati chiari, alla luce del sole, o se invece ci sono dei non detti, e non per legittimo diritto di riservatezza

Quel buco nero di Scalfari sepolto nel silenzio dei media

Io mi auguro che la magistratura si tenga ben alla larga dalla campagna elettorale, cosa banale detta in qualsiasi Paese occidentale ma non in Italia. Il tentativo di intimorire Berlusconi messo in atto ieri dai magistrati di Milano e dal vicepresidente del Csm Vietti è fuori luogo e inaccettabile. Impedire a chiunque - a maggior ragione al leader di un grande partito - di esprimere opinioni sull'uso della giustizia o sul ruolo del capo dello Stato è la negazione della democrazia stessa. Le idee non si arrestano né processano, qualsiasi esse siano. Minacciare ulteriori restringimenti della libertà di Berlusconi perché in disaccordo con quanto lui va ripetendo in queste ore di compagna elettorale nelle sue apparizioni televisive è già in sé un abuso di potere, l'ennesimo di una storia ventennale.

Rivendico il diritto di sostenere che la sentenza di Milano sia stata una porcata e che il presidente Napolitano è uomo di parte a capo di un complotto politico per destabilizzare il centrodestra. Io spero che il presidente di Forza Italia non chini il capo. Anzi, sono certo che non lo farà. Anche perché, dall'altra parte, non cessa il linciaggio mediatico. Ieri c'è stata sui giornali una nuova ondata di resoconti dettagliati sulla presunta vita privata di Silvio Berlusconi, tutto materiale gentilmente fornito dalla sobria magistratura italiana. Si tratta di versioni di parte, spesso di seconda mano, sulle ormai famose cene di Palazzo Grazioli (caso D'Addario, per intenderci). Tutta roba già scritta e quindi letta in passato, ma si sa: in campagna elettorale tutto fa brodo. A fronte di tanto clamore colpisce il silenzio assordante di media e siti di solito molto attenti a ciò che esce dal coro dell'informazione allineata su quanto da noi scritto lunedì circa i comportamenti privati del grande moralizzatore Eugenio Scalfari, fondatore de La Repubblica.

Insistiamo: sarebbe interessante fare luce se i rapporti tra lui e i suoi editori sono sempre stati chiari, alla luce del sole, o se invece ci sono dei non detti, e non per legittimo diritto di riservatezza. Così, tanto per fugare ogni dubbio che il grande Scalfari abbia in qualche modo danneggiato le casse dello Stato per somme rilevanti.

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