Ora Renzi spinge per la segreteria: Letta è alle strette

Ora Renzi spinge per la segreteria: Letta è alle strette

Ieri sera a Napoli per presentare il suo libro, stamattina in piazza a Roma per tirare la volata ad Ignazio Marino, che gli ha chiesto manforte per il ballottaggio: Matteo Renzi gira l'Italia come una trottola, fa ovunque il tutto esaurito e non molla il palcoscenico nazionale. Ora, poi, ha aperto un nuovo fronte: quello del partito. Lasciando trapelare sui giornali che sì, potrebbe proprio cambiare idea e candidarsi a segretario del Pd nel prossimo congresso, quello che in teoria dovrebbe tenersi nell'autunno.
Un'ipotesi che finora aveva sempre scartato, e con ottimi argomenti: «In quel partito la maggiore occupazione dei dirigenti è quella di azzoppare il leader che hanno appena votato. Ricordate Veltroni? Io non vado a farmi cucinare da quelli», erano i suoi ragionamenti - tutt'altro che peregrini, dato l'ambiente - fino a poco tempo fa. Se ora fa sapere di aver cambiato linea non è solo perché convinto dai suoi, che insistono dal giorno dopo le elezioni: «Matteo, ora devi prenderti il partito»; né dai sondaggi (secondo cui quasi il 54% degli elettori Pd lo vuole segretario, seguito da Letta con solo il 25%); né dai tanti ex critici che ora si avvicinano al sindaco di Firenze: Marino lo vuole accanto per vincere le elezioni, Goffredo Bettini lo incorona («Il governo Letta è precario, Renzi è l'unico candidato che può farci vincere»), Claudio Petruccioli lo benedice: «Sono andato ad ascoltarlo all'Ara Pacis, ed ero scettico. Le mie riserve si sono dissolte: ho sentito il discorso di un leader». Persino Rosy Bindi, zitta zitta, cerca di agganciarsi alla corrente renziana. E il giovane turco dalemiano Enzo Amendola è tranchant con la Stampa: «Se Renzi decide di candidarsi, non ce n'è più per nessuno».
La «svolta» renziana dipende soprattutto dalla necessità di accelerare i tempi, evitando di restare nel limbo, e dalla volontà di mettere il premier Enrico Letta davanti ad un bivio: o con Matteo, o contro Matteo (e con Bersani, Franceschini, Epifani e tutti coloro che cercano di sbarrare la strada al sindaco di Firenze), ma a rischio e pericolo per il suo governo. Perché, spiega uno dei consiglieri renziani, «se Enrico si divide i compiti con Matteo, lui a Palazzo Chigi e l'altro al partito, e poi candidato alle prossime elezioni, il suo governo può rafforzarsi ed andare avanti per un altro anno e mezzo, facendo riforme serie». Se invece Letta, per timore di affidare a Renzi il ruolo di azionista di riferimento del suo esecutivo, si mette di traverso (magari avallando il tentativo di franceschiniani e bersaniani di rinviare il congresso Pd a fine anno, per costringere Renzi a ricandidarsi sindaco), rischia di andare allo scontro. «In quel caso Matteo la partita nel Pd se la gioca lo stesso, ma è chiaro che se diventa segretario la vita del governo si accorcia, e di molto».
Di certo, nella Direzione del 4 giugno prossimo, i renziani scenderanno in campo per chiedere che il congresso sia indetto «subito» e che sia «aperto». Ossia che preveda una partecipazione ampia alle primarie, che dovranno designare il leader e candidato premier.

Già, perché l'ipotesi di scindere i due ruoli, che pure era stata affacciata, nel caso in cui Renzi sia in campo sarebbe automaticamente accantonata. E stavolta, a differenza di quanto successe nelle primarie contro Bersani, i renziani non si faranno imbrogliare sulle regole del gioco.

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