Paga la Regione: stop ai blocchi. Il Pd liquida il sindaco arancione

Un conto è prendere i voti, altro è amministrare e far quadrare i conti di Comuni e aziende. Così alla prova dei fatti i sindaci incoronati dai movimenti sono diventati nemici del popolo

Il sindaco di Genova, Marco Doria
Il sindaco di Genova, Marco Doria

Genova - Quando intorno alle 16 i primi autobus lasciano le rimesse e tornano a circolare, per Genova è la fine di incubo. Cinque giorni di sciopero selvaggio con una città costretta a convivere con l'assenza di mezzi pubblici e in ostaggio di cortei e proteste. Con tanto di momenti di tensione che sanno di anni di piombo, con la busta contenente un proiettile e deliranti messaggi minatori indirizzata al presidente di Amt Livio Ravera.
La soluzione a una situazione di vuoto normativo senza precedenti è arrivata in maniera tutt'altro che semplice e ha lasciato comunque il segno sul tessuto politico e sociale della città. L'accordo è stato trovato la scorsa notte durante il vertice in prefettura tra Regione, Comune e parti sociali. Poi la bozza di accordo è stata approvata dai lavoratori dopo una riunione molto tesa, durata diverse ore in cui il «sì» ha prevalso con una percentuale di circa il 60% ma con forti contestazioni e quasi sfiorando la rissa tra favorevoli e contrari. Eppure l'accordo soddisfa praticamente in toto le richieste all'origine della protesta. L'azienda rimane pubblica, la Regione finanzia l'acquisto di 380 nuovi mezzi in quattro anni, il buco 2014 viene ripianato in parte dal Comune (4 milioni) e in parte da una razionalizzazione dei servizi dell'azienda, che potrà tra l'altro organizzare, in piena autonomia, il subappalto di alcune linee di bus. Nessun sacrificio quindi richiesto ai lavoratori per il 2013. Niente cassa integrazione e niente tagli ai salari. Il tutto nell'ottica della creazione di una agenzia di trasporto regionale che dal 2015 dovrà gestire l'intero comparto del trasporto pubblico in Liguria.
Alla fine dunque hanno vinto i lavoratori che, dopo aver tenuto in ostaggio la città per quasi una settimana, hanno ottenuto quello che volevano, creando comunque un pericoloso precedente. Chi invece ha perso è senza dubbio il sindaco Marco Doria. Nel momento più teso della vertenza, con la ricerca di una possibile soluzione di compromesso, il primo cittadino non è stato ritenuto interlocutore credibile da sindacati e lavoratori, tanto che, alla fine, gli stessi si sono rivolti alla Regione e al governatore Claudio Burlando. Un sindaco troppo debole politicamente per gestire una vicenda così delicata è stato di fatto scavalcato su di un tema, il trasporto pubblico, di quasi totale competenza dell'amministrazione comunale. «Questo accordo si sarebbe potuto raggiungere senza nemmeno un giorno di sciopero», ha detto il primo cittadino. Ma dopo quattro giorni di blocchi, cortei e proteste, il timone di comando è passato nelle mani della Regione. Alla fine, il Pd, storicamente molto forte in città, ha nei fatti presentato il conto a Doria, «colpevole» di essere diventato sindaco ai danni di ben due candidate democrat fatte fuori con le primarie.

E mentre Burlando si permette il lusso di sbeffeggiare Beppe Grillo che aveva cercato di cavalcare la protesta, («Lui ha fatto la marcia, io ho fatto l'accordo», ha detto il governatore), il primo cittadino è sempre più debole. Dopo un solo anno la sua sbandierata rivoluzione arancione sembra già arrivata al capolinea. Dopo 5 giorni di passione e fortissime tensioni di arancione, in città, sono rimasti soltanto gli autobus.

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