«Ho preparato un discorso, ma è di cinque pagine... un po' noioso!». E così Papa Francesco assesta un altro colpetto ai cerimoniali vaticani. Aula Paolo VI, udienza con migliaia di allievi delle scuole dei gesuiti in Italia e Albania, professori, genitori, ex allievi divenuti famosi (da Fassino ad Albertini, da Giovanni Minoli a Leoluca Orlando). «Tra di voi mi sento in famiglia», esclama il pontefice gesuita: il discorso ufficiale finisce in sala stampa mentre Bergoglio si tuffa nelle domande dei ragazzini in festa. Papa Francesco li invita a essere «persone libere», a non aver paura di «andare controcorrente»: fa parte del metodo di Sant'Ignazio. Incoraggia i professori a «cercare nuove forme di educazione non convenzionali secondo le necessità di luoghi, tempi e persone, non rimanere tranquilli nelle cose tradizionali, scommettere sempre sui grandi ideali e avere magnanimità nelle cose piccole». La responsabilità degli educatori sta nel «bilanciare i passi tra la sicurezza e la zona di rischio»: mettere alla prova le certezze consolidate con un piede nella «zona di rischio» e l'altro nella «sicurezza». È l'azione educativa che sta compiendo egli stesso, un passo dopo l'altro. Vive in Vaticano, ma nella Casa Santa Marta, non nell'appartamento apostolico: «Ho la necessità di vivere fra la gente. Se vivessi isolato non mi farebbe bene. Me l'ha chiesto anche un professore: ma senta professore, gli ho risposto, vivo qui per motivi psichiatrici, perché è la mia personalità! L'appartamento non è tanto lussuoso ma non posso vivere da solo, e poi i tempi ci parlano di tanta povertà nel mondo e questo è uno scandalo».
«Dovremmo diventare tutti un po' più poveri», ha incalzato. Il motivo non riguarda la crisi, che per Francesco rimane «una crisi umana prima che economica: i problemi del lavoro, dell'economia, sono conseguenza di questo grande problema umano». No: Bergoglio invita alla povertà per «assomigliare meglio a Gesù che era il Maestro povero». Un ragazzo chiede di essere aiutato nelle difficoltà legate alla sua età. E il pontefice: «Nell'arte di camminare, quello che importa non è di non cadere, ma di non rimanere caduti. Alzarsi presto, subito, e continuare ad andare».
Gli amici. Sofia domanda a Papa Francesco se li vede ancora. «Sono a 14 ore di aereo da qui, sono lontani - sospira Bergoglio -. Sono venuti tre, di loro, a trovarmi e a salutarmi, e li vedo e mi scrivono e voglio loro tanto bene. Non si può vivere senza amici». Teresa incalza: «Ma volevi fare il Papa?». E qui la più sconcertante delle risposte per i motivi che la accompagnano: «Tu sai che cosa significa che una persona non voglia tanto bene a se stessa? Una persona che vuole, che ha voglia di fare il Papa, non vuole bene a se stessa, eh?, Dio non lo benedice, eh? No, io non ho voluto fare il Papa...». È un modo per ripetere i frequenti rimproveri al carrierismo tra i preti.
Bergoglio ha toccato anche un tema poco affrontato in questi due mesi: la politica e l'impegno dei cattolici. «Noi cristiani non possiamo giocare la parte di Pilato, lavarci le mani. Dobbiamo immischiarci perché la politica è una delle forme più alte di carità perché cerca il bene comune. Non è facile - ha aggiunto rispondendo a un insegnante spagnolo -.
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