È un Papa francescano (ma lo Ior non lo chiude)

Tra il Pontefice e la Banca vaticana c'è un antico legame. Nato quando l'Istituto sanò i conti della Chiesa argentina. Ieri i vertici alla messa privata a Santa Marta

È un Papa francescano (ma lo Ior non lo chiude)

Papa Francesco non chiuderà lo Ior. Ne sono convinti in molti nel torrione di Niccolò V in Vaticano, sede dell'Istituto per le Opere di Religione, la cosiddetta «Banca di Dio». Se c'è qualcosa di risaputo in quei misteriosi corridoi, è, infatti, il fortissimo legame che intercorre tra Bergoglio e la potente struttura finanziaria d'Oltretevere, molto apprezzata dal Pontefice sin da quando era arcivescovo a Buenos Aires, quando insomma doveva ogni giorno far fronte al risanamento dei conti della diocesi e alla cura dei poveri e degli ammalati.
L'istituto guidato oggi dal banchiere tedesco Ernst Von Freyberg, inviava, infatti, in Argentina, quasi ogni anno, all'allora Monsignor Bergoglio donazioni per migliaia di euro, proprio per far fronte a queste emergenze umanitarie (l'assistenza ai cartoneros in primis) e per aiutare l'arcivescovo a rimettere in sesto i conti disastrati della Chiesa locale, ereditati dalla passata gestione. Un rapporto, questo, nato nel lontano 1998, quando lo Ior aveva offerto importanti consulenze finanziarie al monsignore appena insediatosi a Baires e con il quale i contatti son rimasti strettissimi fino all'elezione al soglio.
A testimoniare il legame del Papa con lo Ior e con i suoi vertici c'è anche una breve telefonata fatta da Francesco: la stessa sera dell'elezione, esattamente un mese fa, il Pontefice, dalla sua camera del residence Santa Marta, oltre a chiamare parenti e amici italiani e argentini, avrebbe chiamato anche Paolo Cipriani, dal giugno 2007 direttore generale dell'Istituto per le Opere di Religione, artefice delle donazioni alla diocesi di Bergoglio: «La stimo molto e vi seguo sempre» avrebbe detto il Pontefice al manager finanziario che pare sia rimasto per qualche minuto incredulo nell'ascoltare al telefono la voce del Papa appena eletto. Una chiamata in amicizia che, unita al fatto che sia Cipriani sia Von Freyberg ieri erano presenti alla messa per pochi intimi che il Papa celebra nella cappella di Santa Marta, secondo molti in Vaticano spazza via ogni voce su una possibile chiusura dell'Istituto: era stato l'ex portavoce argentino di Bergoglio, Federico Wals, a parlare inizialmente di «possibile chiusura dello Ior da parte del nuovo Papa». Dopo qualche ora però, l'ex braccio destro del Pontefice, aveva raddrizzato il tiro, precisando che in realtà più che chiudere la banca, Francesco potrebbe applicare in Vaticano gli stessi metodi amministrativi utilizzati a Buenos Aires (e quindi azzerare ogni partecipazione della Santa Sede negli istituti finanziari).
Una sorta di riforma che potrebbe arrivare però dopo l'attesa visita degli ispettori Moneyval, la struttura del Consiglio d'Europa che valuta le misure adottate per il contrasto al riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo. Come annunciato nei giorni scorsi da Radio Vaticana, inoltre, slitterà a dicembre anziché a luglio la consegna del «Progress Report», il rapporto sui progressi fatti dal Vaticano dopo la valutazione Moneyval dello scorso anno: la Santa Sede aveva soddisfatto 9 punti sui 16 previsti per l'adeguamento agli standard finanziari internazionali, mentre i 7 punti ritenuti insufficienti saranno adeguati entro la fine del 2013. C'è attesa quindi nelle sacre stanze per la visita degli ispettori europei, anche se, per i dipendenti dell'Istituto, si tratta di un'ispezione che passa in secondo piano: nel torrione di Niccolò V si aspetta una visita ben più importante: quella di Papa Francesco.

Come fatto ieri con i circa 300 dipendenti della Segreteria di Stato, il Pontefice potrebbe presto decidere di visitare anche la Banca Vaticana, accompagnato dal cardinal Bertone, presidente della commissione cardinalizia di vigilanza dello Ior, per benedire e salutare, uno per uno, dipendenti e vecchi amici.

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