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"Così il partito è monco...". Moderati in rivolta: resa dei conti nel Pd

La corrente moderata del Partito democratico critica il metodo Bonaccini: "Non ha gestito la trattativa sulla segreteria". Il Pd è in tilt

"Così il partito è monco...". Moderati in rivolta: resa dei conti nel Pd

“Doveva gestire meglio le trattative con Elly Schlein”. Questo il ritornello che viene recitato al Nazareno per attaccare Stefano Bonaccini e la sua capacità, o meglio, l’incapacità di rappresentare la minoranza del partito all’interno della segreteria. Dagli attacchi frontali alla neo segretaria e alla sua scelta di coinvolgere personalità “esterne” nell’organigramma dem, ora si è passati alle critiche feroci contro il governatore emiliano. Da Lorenzo Guerini a Matteo Orfini passando per Enrico Borghi, tutta la corrente “riformista” lamenta il metodo poco coraggioso di Bonaccini.

I riformisti attaccano Bonaccini

I ventuno componenti della squadra targata Schlein hanno deluso tutti, nessuno escluso. I malumori più importanti si registrano nell’area vicino a Stefano Bonaccini e ai suoi fedelissimi. Le correnti cattoliche, moderate e riformiste che non accettano la virata a sinistra impostata dalla giovane segretaria. Il governatore emiliano, che si trova in minoranza all’interno del partito, ora deve rispondere alle lamentele dei suoi. Il più feroce ma, allo stesso tempo, il più chirurgico è Lorenzo Guerini, presidente del Copasir e numero uno della corrente Base Riformista: “È un partito monco”. Un Partito democratico che ha perso definitivamente “la rappresentanza di cattolici e popolari”. Dello stesso avviso è il senatore dem, Enrico Borghi: “Schlein – spiega a Il Giornaleha ritenuto di impostare una segreteria maggioritaria non allargata, in cui esprime figure molto affini alla sua visione politica”.

Tutta colpa della neo segretaria? Niente affatto. Matteo Orfini, deputato dem vicino al governatore emiliano, per ora muove critiche principalmente al suo candidato al congresso, Stefano Bonaccini: “Diciamo che non ha gestito la trattativa sulla segreteria e sui capigruppo in modo eccellente”. Il motivo è presto detto:È mancata una discussione politica”. Un esponente di spicco dem vicino al fronte bonacciniano, raggiunto da Il Giornale, è ancora più esplicito: Una delusione Bonaccini. Non doveva accettare che chi l’ha mollato dopo il congresso potesse entrare in segreteria come premio del tradimento”. Il riferimento è alla neo-corrente Ulivisti 4.0, che al congresso aveva inizialmente sostenuto la mozione Bonaccini salvo poi cambiare casacca e passare con Schlein piazzando, tra le altre cose, Irene Manzi con la delega al Lavoro all’interno della segreteria.

Bonaccini risponde alle accuse

Il presidente della Regione Emilia-Romagna, uscito sconfitto dal voto popolare che ha premiato Elly Schlein, ora si trova a dover rispondere, colpo su colpo, a chi lo ha sostenuto al Congresso. Il metodo Bonaccini, poco incisivo sul nuovo organigramma dem e poco rappresentativo della minoranza dem, non ha convinto i suoi fedelissimi. Intervistato da Repubblica, il presidente emiliano, prova a difendersi: “Con Elly Schlein ci siamo confrontati. Le ho detto con franchezza ciò che pensavo, di alcune cose ha tenuto conto, di altre no”. In effetti, basta scorrere i nomi della nuova segreteria per assistere, più o meno stupiti, alla scomparsa del moderatismo e del riformismo. Ex Rifondazione Comunista, ex Sel, ex Articolo 1, le personalità esterne alle logiche dem sono ormai la maggioranza del partito.

“Capisco che fra i nostri iscritti – ammette Bonaccini – possa esserci qualche perplessità. La mia proposta al Congresso aveva come base il riformismo, insieme alla vocazione maggioritaria. Io non mi sento minoranza”. A chi si sente escluso, come Lorenzo Guerini, il governatore emiliano risponde così: “Lorenzo riteneva preferibile che chi ha sostenuto la nostra mozione non assumesse ruoli di responsabilità nella gestione, per avere maggiore libertà nella dialettica interna. Io ritengo invece che quando conquisti la maggioranza dei voti tra gli iscritti e quasi la metà tra quelli delle primarie ti devi mettere in gioco”.

La conclusione di Stefano Bonaccini assomiglia ad una difesa del "dream team" di Schlein: “Che il Pd abbia bisogno di aprirsi e rinnovarsi non c’è dubbio”.

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