Passera svela il piano dei tecnici: puntare a un secondo mandato

Passera al Meeting di Rimini sulla scia di Monti: "L'uscita dalla crisi dipenderà molto da ciò che riusciremo a fare"

Rimini - I tempi cambiano e lo fanno in maniera repentina. Sarà che la campagna elettorale è alle porte e le sirene della politica esercitano la loro irresistibile capacità di seduzione, fatto sta che al Meeting di Rimini, premier e ministri tecnici sollevano l'ancora del rigore, diventata improvvisamente leggera, mettono da parte le fosche fotografie della crisi, e a soli nove mesi dall'inizio del loro mandato – a spread invariato – salpano nel mare dell'ottimismo. Il primo a inaugurare il nuovo corso è stato Mario Monti. Muovendosi sul filo di un'analisi della percezione collettiva, il Professore azzarda una frase che accende stupori: «È vicina la fine della crisi».
Il giorno dopo è la volta di Corrado Passera avviare le prime, prudenti prove tecniche di riconversione delle formiche in cicale. Il ministro dello Sviluppo - che interviene nello stesso Auditorium riservato al suo superiore di Palazzo Chigi, dimezzato però nella sua ampiezza con alcuni pannelli divisori – qui a Rimini gioca in casa. È, infatti, da anni presenza fissa come ad di Banca Intesa, storico partner del Meeting. Inoltre Bianca Passera e Cecilia Canepa, rispettivamente sorella e prima moglie del manager, hanno collaborato con il grande network cattolico, in particolare attraverso Siticibo, una fondazione che ogni giorno raccoglie in Lombardia le eccedenze di cibo nelle mense di aziende ed enti pubblici.
Passera quindi sa bene come intercettare la tonalità più adatta allo spartito di Cielle e strappare applausi anche più convinti rispetto a Monti. «Sì, l'uscita dalla crisi la vedo. Dipenderà molto da quello che riusciremo a fare». Ma il problema principale, secondo il ministro, «si chiama produttività», perché «il ritardo accumulato può essere più grave dello spread». «Eravamo in vantaggio, 20 anni fa, rispetto all'Europa e ora siamo sotto di 8 punti», spiega il ministro. Tuttavia, aggiunge, «se si vuole crescere in maniera sostenuta la coesione e la competitività devono andare insieme».
Senza dimenticare la questione fiscale. «Abbiamo una delle più alte tassazioni al mondo: è una zavorra che dobbiamo correggere. Dobbiamo trovare le risorse per il welfare e per ridurre la fiscalità ai cittadini e alle imprese oneste». Le sue priorità di intervento? «Quando ci sarà la possibilità, penso debbano essere i bassi redditi da lavoro dipendente, le povertà estreme». Quello di Passera assomiglia a un programma di leadership proiettato verso la Terza Repubblica. Un'operazione accompagnata da una damnatio memoriae della Seconda, attraverso un calcolo - in realtà un po' acrobatico - delle perdite generate da questa stagione politica. «Il bilancio di questi vent'anni è davvero deludente. Mettendo insieme il patrimonio delle privatizzazioni che ci siamo mangiati e gli investimenti in conto capitale che sono stati sacrificati ma anche i mancati introiti da evasione fiscale sono stati distrutti circa tremila miliardi». Noi invece «abbiamo evitato il commissariamento dell'Italia, salvaguardato l'indipendenza dell'Italia», rivendica il ministro. «Ora è superato, ma dobbiamo sapere che siamo andati vicini al fallimento. Quello che ha cambiato l'umore del mondo intorno all'Italia è stata l'unità delle istituzioni, della politica, delle forze sociali e della gran parte dell'opinione pubblica».
Passera si concede anche una breve escursione sul terreno dell' antipolitica, là dove di questi tempi non è difficile conquistare l'applauso. Bisogna «ridurre il numero dei livelli istituzionali». Ci sono «migliaia di entità politiche e parapolitiche che esistono solo per giustificare se stesse. Ci sono resistenze politiche fortissime, sono in tanti che vivono attorno a questo gomitolo, attaccati a questa ragnatela. Dobbiamo avere coraggio».

Infine l'inevitabile domanda sulle sue ambizioni politiche, stoccata prevista ma parata con un imprevisto: una piccola scivolata nell'immodestia. «Per ora faccio benissimo il ministro, anzi no scusate, volevo dire: cerco di fare bene il ministro». Poi si vedrà.

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