Dopo la scoppola di venerdì - spread fra le nuvole e Borse sottoterra - oggi è il giorno della verità.L’apertura dei mercati ci dirà dove stiamo andando, e la loro chiusura dove saremo andati a finire. Siamo realisti e non ci illudiamo che le turbolenze siano passeggere. Cessato un temporale – insegna l’esperienza recente – ne viene un altro e, fra tuoni e fulmini, la sintesi è che piove sul bagnato. C’è chi prevede un agosto da tregenda: la gente sarà in vacanza e gli speculatori con pochi soldi ne faranno tanti. Alle nostre spalle, non più larghe quanto una volta.
Le cause delle tempeste e dei nubifragi sono note e non vogliamo tediarvi ricordandovele. La crisi è mondiale e andrebbe affrontata a livello internazionale, ma ciascun Paese pensa per sé e trascura gli altri. Risultato: in Europa si predica l’unione e si persegue l’interesse nazionale. Il Sud sprecone invoca l’aiuto della Germania. Non lo ottiene e si scaglia contro Angela Merkel, accusandola di egoismo. I tedeschi rispondono di non aver alcuna intenzione di pagare il conto a chi è vissuto al di sopra delle proprie risorse, accumulando-come l’Italia- un debito pubblico da suicidio.
In tutta franchezza, non riusciamo a dare torto ai teutoni. Già dieci anni fa avremmo dovuto capire che lo stato sociale necessitava di un ridimensionamento.
Non abbiamo provveduto.
Al contrario, abbiamo continuato ad assicurare servizi, assistenza e previdenza a ricchi e poveri, e ci siamo svenati. Per tappare i buchi abbiamo insistito a inasprire le tasse, che sono diventate le più alte del mondo, ma non tutti le pagano. Cosicché il cane italiano si morde la coda: gli onesti vengono spremuti, i disonesti se la ridono.
Poi è arrivato Mario Monti. Doveva fare miracoli. Poveraccio: non ne fa più neanche San Gennaro, figuriamoci se era in grado di farne lui. Tanto per cambiare, ha messo mano alla leva fiscale, come (quasi) tutti i suoi predecessori. Poi ha intuito che ciò non bastava e si è aggrappato alla spending review : tagliamo gli sprechi, ha annunciato. Buona notte. In Italia come ti muovi sulla spesa pubblica, ti fulminano. Dopo otto mesi di governo tecnico, siamo ancora lì: come prima, peggio di prima. Significa che serve altro: ficcarsi in testa che il welfare, come fu concepito e realizzato (alla carlona), non è alla nostra portata;per forza o per amore –di patria – va contenuto entro le disponibilità di cassa. Altrimenti il debito pubblico,lungi dall’essere abbattuto, sarà destinato a crescere ulteriormente.
Il medico gratis, le medicine gratis, i ricoveri gratis, le pensioni a chi non ha versato contributi solo per fare alcuni esempi - sono lussi; non abbiamo denaro per permetterceli. Concediamoli agli indigenti, al massimo. Gli abbienti ricorrano a coperture assicurative. Lo sappiamo, sono discorsi duri e impopolari. Ma se non adottiamo la linea del rigore, non attraverseremo il guado. Lo Stato mamma che accompagna il cittadino dalla culla alla bara conviene scordarlo. Diversamente, avviamoci allegramente lungo la strada del default, il fallimento, la grecizzazione del Paese, l’ispanizzazione della società.
Inutile tentare di risalire ai responsabili dello sfascio: le colpe, in varie misure, sono comunque collettive. Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Quindi correggiamoci, in fretta. Viceversa, nessuno si salverà eccetto i soliti noti. I peggiori. Un cenno di biasimo è da riservare alla finanza predatoria. La quale da anni pretende di guadagnare miliardi senza nulla produrre se non imbrogli più o meno raffinati. Ci riferiamo in particolare alle banche, non tutte, ma quasi tutte: statunitensi, inglesi, spagnole e, naturalmente, italiane. Le nostre hanno acquistato titoli tossici in quantità, dimostrando di non avere capito niente. Le altre li hanno «fabbricati » e smerciati per buoni. Hanno fatto credito a tutti, per un lungo periodo, accordando mutui a cani e porci affinché acquistassero immobili a prezzi assai superiori ai valori reali. Mutui che richiedevano il pagamento di rate insostenibili per chi avesse un reddito medio.
Era fatale, dato il rischio, che gli interessi sui prestiti lievitassero a livelli critici. Difatti, a un certo punto, il bubbone- la bolla - è scoppiato. Case da 100mila euro (o dollari) vendute al doppio o al triplo e acquistate da gente in bolletta che, però, aveva ottenuto da istituti di credito temerari l’intero finanziamento delle operazioni. Non poteva durare. Non è durata. Quando le banche non fanno il loro mestiere e si buttano, invece, a capofitto nelle speculazioni, succedono brutte cose. Se il loro problema è solo quello di incrementare i dividendi, e se per raggiungere lo scopo di soddisfare i soci sono disposte a qualsiasi nefandezza, logico che prima o dopo saltino in aria come cavallette impazzite. Deve poi intervenire lo Stato per tenere in piedi il sistema.
Questo è accaduto. Il debito pubblico di molti Paesi ne ha sofferto. Il nostro ha sempre patito a prescindere per l’insipienza dei governanti, pronti a elargire denaro non loro per conquistare il voto degli elettori e conservare il potere. Il potere della poltrona. A questo occorre aggiungere l’errore della moneta unica europea, creata prima dell’unità politica (di là da venire) che avrebbe potuto sostenerla, quindi in procinto di crollare.D’altronde, s’è mai visto costruire una casa partendo dal tetto anziché dalle fondamenta? L’euro è il tetto di un edificio che non c’è: come fa a stare su? Un concetto accessibile anche a chi non abbia studiato scienza delle costruzioni. Nonostante ciò, Mario Monti e Mario Draghi, pure lui, affermano che l’euro è irreversibile. Se ne accorgeranno tra un po’, quando non ci sarà più in giro nemmeno un soldo.
Siamo sulla strada della sciagura da un pezzo. Inoltre, non esiste nulla di irreversibile, neppure la vita degli uomini, neppure l’ordine universale, immaginarsi una moneta scalcinata e maledetta quale la nostra, europea. Qualcuno ha iniziato ad accorgersi che essa è una iattura e auspica un euro di serie B per i Paesi in difficoltà. Ieri un numero non esiguo di esperti o presunti tali ha consigliato alla Grecia di recuperare la dracma per le transazioni interne.
E allora? Prepariamoci al patatrac.
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