Sono passate solo poche settimane dall'insediamento del nuovo segretario del Pd, e dalla sua promessa di riformare la legge elettorale. E oggi l'Italicum approda nell'aula di Montecitorio, sulla base dell'accordo chiuso ieri tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, e annunciato dal leader del Pd: «Mai più larghe intese grazie al ballottaggio, mai più potere di ricatto dei piccoli partiti, mai più inciuci alle spalle degli elettori, mai più mega circoscrizioni. Con l'intesa sulla legge elettorale, nonostante i professionisti della critica, il passo avanti è enorme. Dopo anni di melina, in qualche settimana si passa dalle parole ai fatti», esulta via Facebook.
Una soddisfazione comprensibile, dopo gli alti e bassi delle ultime 48 ore. Ancora ieri mattina, raccontano, Renzi tornato da Firenze a Roma - si è trovato a fronteggiare le resistenze berlusconiane sull'innalzamento della soglia del 35% per accedere al premio di maggioranza, e agli psicodrammi degli alfaniani che rifiutavano di firmare perché non si abbassava a sufficienza il quorum d'ingresso per i partitini. Alla fine la faticosa mediazione è stata messa nero su bianco: soglia di accesso al premio al 37%, premio del 15%, sbarramento al 4,5%, clausola salva-Lega. Oggi è previsto il primo voto, quello sulle pregiudiziali di costituzionalità che le opposizioni, Sel in testa, si preparano a presentare. E sulle quali verrà chiesto lo scrutinio segreto, dando un primo brivido di suspence all'iter dell'Italicum. I mal di pancia interni ai partiti, anche quelli che hanno sottoscritto l'intesa (a cominciare dal Pd) sono tutt'altro che sopiti. E infatti, in tarda serata, Scelta civica si dice orientata all'astensione mentre Per l'Italia toglie il sostegno al testo. Tutto il variegato fronte anti-Renzi, che si trova con le armi spuntate (anche perché il Quirinale ha steso il suo manto protettivo sulla riforma, e persino il plotone dei costituzionalisti anti-Italicum vacilla, con Stefano Rodotà che ammette il «passo avanti» della soglia innalzata al 37%), punta le sue fiche solo sul fattore «tempo»: la speranza è quella di riuscire a rallentare la corsa dell'Italicum, affossandolo nei meandri parlamentari, la famosa «palude» denunciata da Renzi. «Vedrete, il fronte contro questa legge è troppo ampio, va da noi ai grillini ai malpancisti di Forza Italia. E nel segreto dell'urna qualcosa succederà», prevede un parlamentare della minoranza Pd. Ma il loro fronte perde pezzi: «Io sto con il presidente Napolitano, le riforme vanno fatte e pure subito», dice il dalemiano Enzo Amendola. E Matteo Orfini, leader dei Giovani turchi, si mostra più che scettico sulle chance di successo degli anti-renziani: «Ora minacciano sfracelli, ma finirà come sugli emendamenti: arriva Renzi, gli dice: questa è una scelta politica del Pd, se non ci state ditelo chiaramente, e quelli hanno ritirato tutto». L'unica modifica che a suo parere potrebbe passare è quella sulle «garanzie di genere», ossia le quote rosa: «Su quello c'è un ampio fronte trasversale, ed è una battaglia che noi non possiamo non fare». Quanto a Renzi e ai suoi, si mostrano più che sicuri: «Sarebbe il colmo che quelli che non sono riusciti a fare la legge elettorale fino ad oggi non avessero il coraggio di dire quello che pensano e improvvisamente si nascondano dietro il voto segreto. Sono convinto che in Parlamento sarà approvata rapidissimamente».
E intanto il nuovo segretario si prepara a far pulizia anche nei bilanci del Pd: dal Nazareno trapelano le prime notizie sulle «spese pazze» delle precedenti gestioni, riportate dall'Espresso: troppo personale (quasi 200, di cui solo 150 operativi), cifre «abnormi» spese per consulenze e servizi. Crea un caso l'assunzione di Gianni Cuperlo, avvenuta alla vigilia delle ultime elezioni.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.