
Appare ormai chiaro anche ai ciechi che il Pd non esiste. O forse non è mai esistito, nel senso etimologico di un partito unitario che dice e pensa più o meno le stesse cose al suo interno. Prendete l’ultima delirante (non per i contenuti, ma per la sostanza politica) letterina che i riformisti hanno inviato a Repubblica la quale, saggiamente, l’ha poi nascosta nella sua homepage per non mettere in difficoltà la segretaria Schlein. Cosa dicono in sintesi Giorgio Gori, Lorenzo Guerini, Marianna Madia, Pina Picierno, Lia Quartapelle e Filippo Sensi? Che non ha senso per i dem votare “Sì” a referendum che vogliono abolire il Jobs Act voluto, scritto e approvato dai governi dem. Sarebbe un po’ come chiedere al Pd di abolire il Pd, quindi voteranno “No”. Infischiandosene delle indicazioni arrivate da Elly Schlein e Maurizio Landini.
Sì, certo. Ai tempi del Jobs Act governava Matteo Renzi, che oggi non sta più nel Pd anche se il Pd vorrebbe allearcisi per battere la Meloni (altra stranezza). Inoltre Elly Schlein ha vinto le primarie con un programma che ribalta di fatto quella stagione riformista. Ma intanto gli iscritti avevano scelto il moderato Bonaccini, mentre “gli elettori” la radical-Elly, palesando una frattura profonda e insanabile. E poi è proprio questo il problema: il partito che fu di Veltroni nasce da un’innaturale unione tra due mondi troppo distanti per fondersi assieme, ovvero gli eredi del Pci e quella della Dc di sinistra. Hanno qualche punto di contatto, certo, ma sono come l’acqua e l’olio: per quanto ti possa sforzare a mescolare, non possono per natura diventare una cosa sola.
Lo dimostra la storia del post-antiberlusconismo, unico vero collante dell’illogica creatura politica. Quando a comandare era Renzi, la sinistra ex Pci uscì dal partito. Ora che a guidare il Nazareno sono quelli di sinistra-sinistra, con tanto di reintegro dei vari Speranza e Bersani, a scalciare come muli sono i riformisti. Come la tiri la tiri, la coperta resta corta. Basta guardare ai grandi temi sul tavolo, dalla guerra in Ucraina a Israele, dall’Ue al sul ReArm Europe: nel Pd ogni occasione è buona per prendersi a cornate tra correnti.
Questo non vuol dire che all’interno di una coalizione non possano esserci differenze, sia chiaro. Anche tra Fdi, Lega e Forza Italia vi sono distanze su alcuni temi. Ma appare un tantino paradossale che le liti più cruente si consumino all'interno della stessa parrocchia.
È strano, stranissimo che la linea ufficiale del Pd sia più vicina ad Angelo Bonelli e Fratoianni che a quella di una larga fetta della sua stessa dirigenza. Insolito. Illogico. Irragionevole. Onestamente: come può, Elly, pensare di federare il campo largo se non riesce manco a unire il proprio partito?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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