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Pd okkupato: dem da centro sociale

Dieci anni fa la Schlein sognava di occupare il Pd. Ieri l'ha occupato. E al Nazareno già tira aria da centro sociale. Una sorta di rivoluzione tipo i meet up di grillina memoria, ma molto più radical chic

Elly Schlein con Romano Prodi ai tempi di "Occupy Pd"
Elly Schlein con Romano Prodi ai tempi di "Occupy Pd"

Dieci anni fa Elly Schlein sognava di occupare il Pd. Ieri l'ha occupato. E al Nazareno già tira aria da centro sociale. Nella mozione congressuale a supporto della sua candidatura alla guida del Partito democratico c'è infatti una parola che più di tutte ricorda quelle okkupazioni da pugno chiuso. Una parola che più di tutte fa gelare il sangue. Più dei vaneggiamenti contro il patriarcato, più dello ius soli, più dei deliri green. Quella parola è: redistribuzione. Perché, ogni volta che la sinistra ce l'ha imposta, ha sempre introdotto nuove tasse.

Mattia Santori, uno che la Schlein la conosce molto bene, lo ha detto non appena le è riuscito il colpaccio. "Sarà un partito senza più mezze misure - ha spiegato in una intervista alla Stampa - un partito più radicale nelle sue scelte". Detto da uno che il Nazareno lo ha già occupato con tanto di sacco a pelo possiamo star certi che le premesse sono tutt'altro che buone. Ma non dobbiamo sta lì a fantasticare più di tanto. È tutto nella mozione congressuale. Una sorta di Pd grillinizzato che volta le spalle all'ala più moderata e riformista e spiega le vele a sinistra. Ve la ricordate quando Elly decise di sfidare Stefano Bonaccini? La candidatura annunciata in pompa magna in un circolino cult di Roma: niente palcoscenico, lei seduta in cerchio con i kompagni, Bella ciao intonata a gran voce e quei pugni chiusi alzati al cielo. Un quadretto che nemmeno negli anni Sessanta ce lo saremmo potuti immaginare.

Dieci anni fa la Schlein sognava di occupare il Pd. Ora che lo ha occupato, probabilmente sogna già di occupare pure Palazzo Chigi. E, nella malaugurata ipotesi in cui anche questo sogno diventi realtà, sappiamo già cosa ci attende. Il libro dei sogni dell'ex sardina per l'Italia rispecchia quel folklore anni Sessanta ancora legato a Bella ciao e pugni chiusi. Folklore da centro sociale, appunto. Una sorta di meet up di grillina memoria, ma molto più radical chic. Dove la spinta sociale (a parte quando parla di redistribuzione, auspica nuove tasse e difende il reddito di cittadinanza) lascia il passo alla lotta per i diritti civili: maggior coraggio sui diritti Lgbtqia+ (leggi: un altro ddl Zan), nuove cittadinanze (leggi: ius soli) e pure una nuova visione sulle politiche migratorie (leggi: porti sempre aperti e niente respingimenti). E poi la legalizzazione della cannabis, di cui il sodale Santori non solo è consumatore da quando ha 18 anni ma anche produttore.

Sembra quasi di scorrere la pagina Instagram di Fedez o, ancor peggio, ascoltare certi monologhi da Festival di Sanremo.

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