U n exploit senza precedenti e senza confronti: primo partito in Europa, unico del Pse a crescere vertiginosamente, unico premier a vincere.
Man mano che affluivano exit poll e proiezioni, sempre più ottimistici, al Nazareno si assisteva quasi increduli: dopo una vigilia cupa, passata sotto una cappa di timori e di fosche previsioni, con l'assedio di Grillo che pareva ad un passo dal sorpasso, il successo del Pd appariva ancor più straordinario. Con Beppe Grillo addirittura doppiato dal partito del premier: la seconda proiezione Swg dà il Pd al40,1% e il Movimento Cinque Stelle al 22,1%.
Un successo clamoroso che ha una sola faccia e un solo nome, quello di Matteo Renzi. E che nemmeno il premier, pur sostenuto da un instancabile ottimismo fino all'ultimo istante, aveva immaginato di queste proporzioni. Proporzioni che sanano in corsa, e per acclamazione, quel peccato originale che aveva gettato un'ombra sulla sua ascesa a Palazzo Chigi, senza passare per le urne: «Questa vittoria fuga ogni dubbio: attorno a Renzi c'è grandissima fiducia e legittimazione», dice a caldo il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini. Che si affretta a negare il sospetto che automaticamente si affaccia alle menti degli analisti politici: che ora Renzi voglia andare alla prova elettorale vera, e sull'onda della gigantesca affermazione personale di ieri provare ad incassare subito anche in Italia, andando a elezioni politiche anticipate. «No - dice fermo Guerini - questo è un voto che ci premia per come stiamo governando il Paese, e ci spinge ad andare avanti con ancora maggior determinazione».
Ieri notte Renzi, arrivato da Firenze a Palazzo Chigi, si è goduto la soddisfazione (e l'enorme sollievo) della vittoria. Da oggi, si inizierà a riflettere su come capitalizzarla politicamente, a cominciare dalle riforme. Già, perché ora il premier è incomparabilmente più forte, sia nel suo partito che nell'opinione pubblica, ma proprio per questo gli altri partiti difficilmente a questo punto faranno passare la riforma elettorale da lui proposta, e già approvata dalla Camera. Con l'Italicum infatti, sulla base dei dati di ieri, il Pd da solo vincerebbe in souplesse le elezioni, e supererebbe tranquillamente la soglia necessaria a prendere il premio di maggioranza. Ma, anche senza passare per le elezioni, è plausibile che da domani la geografia parlamentare rischia di cambiare: dagli alleati di governo del Pd, elettoralmente svuotati, ma anche dalla sinistra di Sel, potrebbe iniziare una migrazione di deputati e senatori verso il partito del premier.
Le previsioni più ottimistiche, in casa Pd, non lasciavano neppure intravedere l'exploit di ieri: la soglia del 2008, con il risultato da record di Walter Veltroni (33,4%) è superata di slancio, per non parlare dei numeri di appena un anno fa, con il Pd di Pier Luigi Bersani al 25,4%. E se non bastasse, il premier è riuscito a sbaragliare l'assalto più temuto e apparentemente rischioso, quello dei Cinque Stelle di Grillo: il derby lo ha stravinto lui, segnando una pesante sconfitta per chi si prefiggeva di prendere «qualcosina più del Pd» come aveva annunciato l'ex comico genovese. Nella consapevolezza che quello delle elezioni europee, svincolato dai condizionamenti del governo e del «voto utile», era il terreno ideale per una prova di forza del genere. Prova persa, a giudicare dal primo rilevamento.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.