D alle parole ai fatti. La fronda Pd insiste nella sua offensiva per mantenere il carattere elettivo del Senato e, strada facendo, raccoglie proseliti negli altri gruppi parlamentari. Tra malumori, mal di pancia e ribellioni il cammino del governo verso la riforma di Palazzo Madama non appare più così scontato. Trentacinque senatori, di cui 18 della maggioranza (16 del Pd, più Mario Mauro ed Enrico Buemi) depositano un sub-emendamento che ripropone la scelta dei rappresentanti affidata al suffragio diretto. Una proposta di modifica sottoscritta da Vannino Chiti, il senatore Pd che ha capeggiato la rivolta interna, che incassa anche le firme di un gruppo di ex grillini. Lo stesso Chiti, peraltro, secondo indiscrezioni avrebbe cercato Silvio Berlusconi nel corso della giornata per provare ad allargare il campo. E una mail è stata inviata a tutti i singoli parlamentari, sia della Camera sia del Senato, per sollecitare il confronto.
Il testo recita: «Il Senato è eletto su base regionale, garantendo parità di genere, in concomitanza con la elezione dei consigli regionali». Non è però l'unico emendamento messo in campo dai «fuori linea». In una conferenza stampa alla quale prendono parte Chiti, Felice Casson, Mario Mauro, Francesco Campanella e Loredana De Petris vengono presentate altre 13 proposte. Tutti emendamenti che verranno votati in Commissione Affari costituzionali del Senato dove la maggioranza non ha problemi a prescindere dall'accordo con Forza Italia e Lega. Le grane potrebbero sorgere invece in Aula, dove il governo Renzi ha ottenuto 169 voti al momento della fiducia. Se i 18 non votassero (su un emendamento sono 19) diventerebbero determinanti i voti degli altri partiti come Forza Italia e Lega. Peraltro tra gli emendamenti ne compare anche uno presentato da Mario Monti che chiede di cancellare la previsione in base alla quale solo i membri della Camera rappresentano la Nazione. In sostanza un modo per prevedere il vincolo di mandato anche per i senatori (mentre Alessandro Maran di Scelta Civica chiede di cancellare i cinque senatori di nomina presidenziale).
Malumore per malumore, il mosaico dei sostenitori della riforma è molto mobile anche nel gruppo forzista. Nelle file dei senatori azzurri, come dimostra la riunione che va in scena a Palazzo Madama, circolano dubbi sul da farsi e Antonio Razzi, Sante Zuffada, Giacomo Caliendo e Augusto Minzolini lanciano segnali chiari contro il testo. Lo stesso Paolo Romani non esclude colpi di scena. «Noi in maniera molto trasparente e palese ribadiamo che il patto del Nazareno prevede l'elezione di secondo grado dei senatori. All'interno di tutti i gruppi ci sono molti senatori che dicono che sarebbe meglio l'elezione diretta. E anche in Forza Italia. Io stesso ho presentato un emendamento che prevede l'elezione diretta perché è giusto rappresentare tutte le posizioni. Sarà l'Aula a decidere», spiega Romani. Che aggiunge: «Se la maggioranza propende per l'elezione diretta, ne prenderemo atto». E nel tardo pomeriggio Renato Brunetta annuncia per giovedì una riunione congiunta dei gruppi, alla presenza di Silvio Berlusconi.
Il fronte della battaglia parlamentare potrebbe essere ampio. Sul cammino, infatti, potrebbero comparire altre trappole.
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