MilanoDimissioni di Roberto Formigoni? L'idea non sfiora nemmeno il presidente della Regione Lombardia, che non sembra preoccupato neanche dalla possibilità che un addio dei consiglieri d'opposizione possa far scoppiare un caso Lazio alle sue latitudini. «Se si verificasse questa eventualità - dice - credo che ci saranno delle surroghe e subentreranno i secondi degli eletti. La presidente Polverini si è dimessa non per errori suoi e d'altra parte era venuta meno la maggioranza». Una linea confortata da Pdl e Lega e quindi dall'intera, ampia maggioranza che sostiene la giunta regionale.
Formigoni ieri ha incontrato il segretario del Carroccio, Roberto Maroni. E a sostenerlo arrivano le dichiarazioni del segretario del Pdl, Angelino Alfano. «Formigoni non ha nessuna ragione per dimettersi. Credo che le due vicende non abbiano niente in comune. La Polverini si è dimessa perché ha ritenuto giustamente che quel Consiglio le avrebbe impedito di fare le riforme. Per il resto vige la presunzione di innocenza. E ricordo che Formigoni è stato assolto dodici volte da tribunali della Repubblica».
Il Carroccio è arroccato in difesa. «Sono le opposizioni estreme che vogliono strumentalizzare il caso» dice il vicepresidente della Regione, il lumbard Andrea Gibelli. Esclude analogie politiche: «Lega e Pdl non hanno nulla da nascondere. Le spese che sono autorizzabili nel Lazio non sono ammissibili in Lombardia. Le regole di sistema sono totalmente diverse: nessuno può andare in un negozio o comprare una cosa per sé, borse, scarpe o vestiti, perché non è possibile usare i soldi per uso personale. E se porto a cena il presidente della Provincia per ragioni istituzionali, posso farlo presentando una fattura. In Lazio non c'era l'obbligo di rendicontazione e c'erano somme inaccettabili per ogni singolo consigliere».
I numeri parlano chiaro: i consiglieri d'opposizione sono trentuno su un totale di ottanta. Ma il pallottoliere non è sufficiente a far dormire sonni tranquilli. E il consiglio regionale ha voluto dare un segnale politico di trasparenza, con una mozione votata trasversalmente da tutti i partiti (escluso l'Idv) che chiede ulteriori controlli sui fondi che arrivano ai partiti in Regione e «la revisione complessiva delle modalità di finanziamento dei gruppi consiliari e delle segreterie politiche della giunta». La richiesta è che i bilanci siano certificati da parte di agenzie o enti indipendenti e che siano resi accessibili, anche on line.
Una blindatura di bilanci importanti. Ai gruppi consiliari arrivano 11 milioni l'anno: 3 milioni al Pdl, 2 milioni e mezzo a Pd e Lega, 550mila euro a Udc e Idv, 500mila a Sel. Fondi destinati a convegni, consulenze, pubblicazioni e a un lungo elenco di altre attività dei consiglieri.
Il nervosismo serpeggia. «Chi è questa signora Martina? Non la conosco» taglia corto Formigoni di fronte alle dichiarazioni con cui il segretario regionale del Pd lombardo, Maurizio Martina, ipotizzava le dimissioni dei consiglieri d'opposizione. Il consiglio regionale, poco prima dell'estate, ha già messo ai voti e bocciato la sfiducia a Formigoni. «La situazione è di una gravità politica sotto gli occhi di tutti, ma per fare qualcosa è necessario che accanto alle nostre trentuno dimissioni ci siano anche quelle della maggioranza» osserva con realismo il capogruppo del Pd, Luca Gaffuri.
E oggi è anche l'Udc, per bocca del consigliere Enrico Marcora, a non vedere nulla di nuovo all'orizzonte: «Non mi sembra che in questo momento ci siano elementi scatenanti nuovi per chiedere le dimissioni a Formigoni. I numeri del Consiglio non aprono varchi».
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