Penati snobba il fuoco amico: «Resto e voterò per Pier Luigi»

Penati snobba il fuoco amico: «Resto e voterò per Pier Luigi»

Milano «Andrò a votare alle primarie per Bersani». L'abbraccio arriva da Filippo Penati, l'ex capo della segreteria politica del leader del Pd. E non è chiaro quanto sia un atto d'affetto. A pronunciare l'endorsement di cui probabilmente Pier Luigi Bersani avrebbe fatto a meno è l'ex presidente della Provincia di Milano, ex vicepresidente del Consiglio regionale lombardo, ex membro del gruppo del Pd al Pirellone. Ex tutto ma non ex consigliere regionale. Filippo Penati non sembra intenzionato a lasciare l'aula, nonostante l'insistente pressing della sinistra, di quotidiani e intellettuali d'area, da Ezio Mauro, direttore di Repubblica, a Massimo Gramellini, che ha esternato da Fabio Fazio, a Che tempo che fa.
Al contrario. Penati sembra deciso a restare. E a dare filo da torcere al suo partito, che gli ha causato non poca «amarezza». Ricorda di essere arrivato alla segreteria di Bersani perché chiamato da lui, ma di non averlo incontrato in questo periodo né di avere avuto con lui colloqui telefonici: «Non voglio metterlo in difficoltà». Subito aggiunge: «Ci siamo scambiati sms. Le amicizie durano anche se non ci si sente per telefono».
Il politico democratico si confessa con i giornalisti in Consiglio regionale e davanti alle telecamere del Tgcom24, il giorno dopo in cui la Procura di Monza ha chiesto al gup il processo a suo carico per corruzione nell'indagine sul presunto giro di tangenti per le aree ax Falck e Marelli. Il cosiddetto sistema Sesto San Giovanni.
Dimissioni? «Io sono qui» risponde Penati a chi ipotizza che lui possa lasciare il suo posto in Consiglio regionale. Approfondisce ciò che aveva anticipato al Giornale e cioè che non gli va giù il doppiopesismo in base al quale lui è trattato come un reprobo da far allontanare il più rapidamente possibile dal Partito democratico e altri, compagni o alleati, sembrano non avere alcuna conseguenza dalle inchieste giudiziarie in corso.
«Io voglio andare a processo e altri fuggono il processo» dice adesso Filippo Penati. Col Giornale aveva fatto il paragone con Nichi Vendola: «Vogliono che me ne vada? Io allora chiedo che mi venga applicato lo stesso metro di giudizio di Vendola, la cui posizione è per alcuni aspetti ben più grave della mia». E ancora: «Sottolineo che le accuse nei miei confronti non riguardano la mia carica attuale e sono relative a episodi risalenti a molti anni fa». E ieri mattina, quando sembrava caricato a molle: «Se avessi contestazioni relative alla mia carica di consigliere regionale, avrei già lasciato giù il secchio, come si dice al mio paese. Me ne sarei andato». Paragoni impliciti.
Entra nei dettagli da tribunale. «Ho chiesto io di andare a processo immediato, è un atto che mi è dovuto. Per me non ci sarà udienza preliminare, si va dritti al processo». La sua autodifesa è a tutto campo: «Sono una persona perbene, non ho conti all'estero e non mi sono arricchito con la politica». Lascia intendere di sentirsi a posto: «Sono certo che se ci sarà il processo sarò completamente scagionato. Quindi voglio il processo, credo sia giusto anche per i cittadini, che hanno il diritto come me di sapere la verità dopo 28 mesi di indagini». Penati sostiene che «tutte le accuse sono false». Come un fiume in piena, parla delle scelte difensive: «Di solito il processo immediato lo chiede il pm perché ha la prova della cosiddetta pistola fumante ed è quasi certo di far condannare gli imputati. Io chiedo il rito immediato perché anche io ho la prova fumante che sono assolutamente estraneo a tutto».
Fatto singolare è che uno dei suoi principali accusatori, Piero Di Caterina, sia anche lui dubbioso. «Non sono convinto fino in fondo della robustezza di questi atti della Procura di Monza – scrive l'imprenditore su Facebook –. Leggo in essi informazioni non complete e persino logiche improbabili e inspiegabili. Da cittadino sono perplesso e preoccupato, al punto da intravedere il rischio che la magistratura giudicante, in cui nutro la massima fiducia, non riceva una ottimale condizione per la conoscenza e la valutazione dei fatti».
In Consiglio regionale, mentre Pd, Idv e Sel fanno a gara per chiedere a Penati un passo indietro, a «difenderlo» dalla richiesta di dimissioni è il governatore, Roberto Formigoni: «Il centrodestra è garantista, contro Penati sono state lanciate delle accuse gravi ma lui ha sempre sostenuto di essere estraneo e innocente.

Fino a quando la magistratura giudicante non si esprime, vale la presunzione di innocenza. Auguro a Penati di poter dimostrare la sua estraneità però siamo in attesa di vedere che nel processo si confrontino accusa e difesa».

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