RomaÈ guerra aperta fra Parlamento, Inps e Ragioneria dello Stato sul cumulo dei contributi pensionistici versati dai lavoratori ad enti previdenziali diversi. In ballo, una bella cifretta: 2 miliardi e mezzo di euro. A tanto ammonterebbero gli oneri che l'Inps dovrebbe sopportare se il disegno di legge bipartisan Pd-Pdl abrogasse il divieto di cumulo istituito nel 2010. L'Inps calcola che sono circa 600mila le persone che hanno versato contributi ad almeno due gestioni (ad esempio, Inps ed Inpdap) e che andranno in pensione fra il 2013 e il 2022. Un esercito che, oltre ai trattamenti pensionistici più elevati, si troverebbe ad avere maggiori liquidazioni. Da qui il «no» della Ragioneria generale dello Stato: «Il provvedimento - hanno scritto i tecnici del Tesoro - non può avere ulteriore corso». La cosa non è piaciuta ai componenti della commissione Lavoro della Camera, e specialmente ai primi firmatari Marialuisa Gnecchi (Pd) e Giuliano Cazzola (Pdl). Ma a far infuriare i parlamentari è stato, in particolare, un passaggio della relazione dell'Inps in cui si osserva che «i maggiori oneri derivano dalla possibilità di cumulare periodi assicurativi altrimenti non utilizzabili». In breve, si tratta di contributi regolarmente versati, ma che da soli non bastano per ottenere un trattamento pensionistico. Soldi che l'Inps ha intascato gratis.
«Non è accettabile che fra i costi siano calcolati i contributi silenti; compito dell'Inps è valorizzare ogni settimana di contributi», attacca la Gnecchi. E così la commissione ha deciso di andare avanti, nonostante i lamenti dell'Inps e il niet della Ragioneria.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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