Inutile forse ricordare che tra meno di un mese si voterà per le europee. Ma è bene sottolineare che i sondaggi impazzano e fanno perdere la trebisonda ai partiti e ai loro leader, timorosi di cattive sorprese. Infatti le previsioni demoscopiche, per quanto solo indicative, non sono più affidabili come un tempo. Nel febbraio dello scorso anno, per esempio, il M5s era sì valutato in forte ascesa e stimato intorno al 13-15 per cento, ma alla prova delle urne si dimostrò assai più forte: oltre il 20 per cento. Chi l'avrebbe detto?
Oggi i grillini continuano ad aumentare, però nessuno è all'altezza di capire fin dove saliranno. Qualcuno, tremando, ipotizza che possano addirittura piazzarsi in testa alla classifica, nonostante il Movimento sia sconvolto da polemiche interne, liti, espulsioni. La supervalutazione non è immotivata: si dà infatti il caso che in Europa i partiti ostili all'attuale modello europeo abbiano molti consensi e siano in costante ascesa. Non ci riferiamo solo al Fronte nazionale di Marine Le Pen, ma anche e soprattutto agli euroscettici inglesi che vantano il primato assoluto nella loro nazione.
Dato che Grillo, pur con i suoi difettacci, ha fiuto, si è accodato ai nemici continentali della moneta unica e della burocrazia di Bruxelles. È facile supporre che, sfruttandone la scia, riesca a sedurre un numero considerevole di compatrioti e a fare il colpo grosso: in pratica, vincere le elezioni. Sarebbe una sciagura? Per il Pd e per Forza Italia, sì. Perché Grillo alzerebbe ancora di più la cresta e avanzerebbe pretese, inclusa quella di occupare Palazzo Chigi. D'altronde egli non fa mistero delle proprie aspirazioni.
Matteo Renzi, del quale tutto si potrà dire tranne che sia un micco, ha capito l'antifona e ha già preparato una rudimentale difesa. Dichiara ogni due minuti che gli basterebbe racimolare un 25 per cento. Come usa dire adesso, simile percentuale è il minimo sindacale. Quanto a Silvio Berlusconi, siamo consapevoli che non si accontenti delle briciole, ma se raccogliesse un 20 per cento potrebbe leccarsi le orecchie, posto che gli alfaniani e i Fratelli d'Italia si sono staccati dalla casa madre, impoverendola oggettivamente.
Ciò detto, analizziamo il futuro (ammesso che sia analizzabile) partendo dal presente. Renzi, paradossalmente, è assai considerato dalla base popolare, ma è osteggiato da una quota non propriamente esigua dei suoi compagni, insofferenti alla linea adottata dal premier. Il quale, ancora più paradossalmente, se intenderà non rinunciare allo scranno di presidente del Consiglio sarà pertanto costretto a fidarsi più dell'opposizione berlusconiana - allo scopo di approvare le riforme da lui stesso sbandierate - che non della minoranza del proprio partito.
Questo non è l'unico elemento da calcolare. Se il Pd sarà in grado il 25 maggio di ottenere un risultato soddisfacente, circa il 30 per cento, l'ex sindaco di Firenze potrà dormire fra due guanciali: i suoi avversari domestici non avranno argomenti per contestarne la leadership, e lui avrà facoltà di procedere tranquillamente nell'esperienza al vertice del governo. Viceversa, se i numeri forniti dalle urne saranno deludenti, avrà vita breve.
Lo stesso dicasi di Berlusconi. Se Forza Italia resisterà, non precipitando sotto il tetto del 20 per cento, non si porranno problemi per l'ex Cavaliere.
Chi oserebbe chiederne la testa? Altrimenti coloro che dubitano della sua idoneità a guidare il partito in mancanza di piena agibilità politica faranno il diavolo a quattro - magari senza spuntarla - per rubargli (velleitariamente) il timone. Tutto dipende da quel che accadrà entro un mese. E un mese, in politica, è un'era geologica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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