Nel Partito democratico è scattata l'ennesima zuffa: questa volta a creare una evidente spaccatura sono state le parole di Stefano Bonaccini all'indirizzo di Giorgia Meloni. Dal candidato alla segreteria del Pd ci si aspettava una presa di posizione durissima verso l'attuale presidente del Consiglio, ma in un'intervista a Coffe Break su La7 ha preso le distanze da chi l'accusa di essere fascista e l'ha bollata come una persona "certamente capace". Ora è scattata la rivolta interna contro le sue dichiarazioni.
La rivolta contro Bonaccini
La considerazione espressa dal governatore dell'Emilia-Romagna non è passata inosservata e molti compagni dem sono usciti allo scoperto per criticare quanto pronunciato. C'è chi ritiene che la sua uscita finisca per indebolire il ruolo del Pd, già alle prese con un Congresso travagliato e messo a dura prova dal Movimento 5 Stelle nel duello per lo scettro di principale forza politica dell'opposizione.
Tra i critici rientra senza alcun dubbio Andrea Orlando, secondo cui il giudizio di Bonaccini rischia di depotenziare le battaglie del partito che si appresta a guidare: "Bonaccini sbaglia! Sono molto stupito di quei giudizi". L'ex ministro del Lavoro, nell'intervista rilasciata a La Stampa, ha fatto notare che in tal modo emerge una grande incoerenza tra le contestazioni teoriche alla manovra e l'atteggiamento che poi si adotta verso Meloni: "Con questo gli elogi c'entrano poco".
La sfida tra Elly Schlein e Stefano Bonaccini potrebbe giocarsi anche sui passati rapporti con Matteo Renzi da parte di alcune importanti personalità che hanno guidato il Partito democratico in questi anni. Pure su questo fronte Orlando non ha nascosto una certa irritazione: "Credo che chi si candida alla segreteria Pd dovrebbe far capire cosa vuole fare, piuttosto che imbarcarsi in queste ricostruzioni. E comunque bisognerebbe avere almeno rispetto per la verità, se non verso i propri compagni di partito per i quali si mostra meno 'fair play' che verso la Meloni".
Il Pd s'incaglia ancora
Il Pd non sembra aver imparato la lezione. Le recenti elezioni regionali sono state dominate dal centrodestra, uscito vincitore sia in Lombardia sia nel Lazio. I partiti delle opposizioni sono stati bocciati, messi al suolo dagli elettori. E cosa fanno i dem dopo una batosta del genere? Passano i giorni a litigare tra di loro su Giorgia Meloni, che a questo punto non rappresenta più un elemento contro cui fare fronte comune ma è diventato un mezzo per darsi battaglia in vista delle primarie.
La polemica è continua e il Partito democratico si è incagliato di nuovo con le sue stesse mani. Dal 26 febbraio ci sarà un nuovo segretario al posto di Enrico Letta, ma sarebbe un errore associare automaticamente il nuovo corso alla rinascita.
Anche perché il prossimo timoniere del Pd dovrà rinnovare l'identità del partito, rilanciarne l'azione e fare una scelta definitiva sulle alleanze. Senza dimenticare la cosa più importante: dovrà fare i conti con il fuoco amico, con la perenne lotta tra correnti interne. E questa diatriba non lascia presagire nulla di buono.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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