Più di un ultimatum

C'è ancora una speranza che l'asse del Nord tra Pdl e Lega non sia definitiva­mente morto. Per ora è così, ognuno per la sua strada, ma domani non si sa mai

Più di un ultimatum

C'è ancora una speranza che l'asse del Nord tra Pdl e Lega non sia definitiva­mente morto. Per ora è così, ognuno per la sua strada, ma domani non si sa mai. E domani è dietro l'angolo, le elezioni politiche di fine legislatura, anticipate o no che siano. Lo ha detto ieri Berlusconi, che non si arrende all'idea di dover ri­nunciare all'architrave di un progetto politico, il pri­mo centrodestra italiano, ferito ma non morto, come qualcuno si è affrettato a sentenziare. E quel progetto non può che rimanere radicato in quella parte del Pae­se che nonostante tutto ha ancora la forza e i numeri per combattere la crisi. Che non sono i salotti della fi­nanza milanese, delle fondazioni bancarie con le cas­se zeppe di milioni, e neppure la Procura più osanna­ta d'Italia, quella di Milano, dedita a tempo pieno al gossip giudiziario-mediatico. Riportare al centro del discorso politico questa Italia non è da poco perché è proprio quella messa sciaguratamente sotto tiro dal governo dei tecnici salottieri che nei suoi confronti nu­trono un odio antropologico, quasi razziale. Monti considera il popolo che ha sostenuto in questi anni Berlusconi come una massa di evasori fiscali, senza storia e cultura. Vanno spremuti, umiliati, devono espiare le loro colpe e nella migliore delle ipotesi sotto­mettersi a decisioni prese per lo più in week-end a Sankt Moritz o a margine di convegni internazionali nei migliori alberghi del mondo.

Fino a quando il Pdl può sopportare di essere tratta­to come forza subalterna e rinunciare a difendere, non fosse altro per riconoscenza, i diritti e la dignità dei dodici milioni di italiani che gli hanno dato fiducia nell'urna? Ieri Berlusconi ha usato le parole con gran­de cautela ma io credo che dentro il partito siano or­mai in molti a pensare che la misura sia colma e che si debba passare da una fase di appoggio al governo in­condizionato per via del famoso senso di responsabili­tà a una di appoggio condizionato. Ai tecnici interessa salvare l'Italia, vanno assecondati solo se questo signi­fica salvare gli italiani tutti.

Altrimenti meglio azzera­re e chiedere lumi agli italiani elettori. Senza paura e pronti ad accettare qualsiasi risultato. Il ricatto degli arroganti «senza di noi il diluvio», è un bluff. E un gior­no o l'altro qualcuno dovrà chiedere di vedere le carte.

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