Il piano di Renzi si va delineando: archiviare Letta a cui dà ripetuti ultimatum: «Il governo deve correre. Lo chiedono gli italiani che, nella vita di tutti i giorni, fanno molta fatica a vedere la ripresa »; salire a palazzo Chigi alla guida di un esecutivo snello, pochi ministri ma fidati; riequilibrare i rapporti di forza a tutto vantaggio dei suoi e scapito dei sovrastimati alfaniani; governare con Pd, Scelta civica, Nuovo centrodestra e, se ci sta, pure Sel; garantirsi una «non belligeranza » con Berlusconi con cui fare le riforme epocali per il Paese. Un disegno ambizioso ma realistico posto che più passano i giorni più anche Napolitano si rende conto che Letta barcolla.
Momento cruciale per tutti. Per il premier, incapace di fare e di imprimere una svolta all’azione del suo governo. Per Renzi, consapevole che continuare a supportare un esecutivo pavido e inconcludente non può che nuocergli nei sondaggi. Per Alfano, che nei piani di Renzi verrà necessariamente ridimensionato perché quattro uomini in ministeri pesanti sono decisamente troppi. Inciso: tra gli alfaniani è psicodramma: puntano tutto su Letta, cavallo perdente. Per Berlusconi, i cui indici di gradimento danno in ascesa ma ha la consapevolezza che le urne sono una chimera. Ma c’è un’occasione storica:fare le riforme che il Paese chiede da mezzo secolo.
Pertanto si sta lavorando a una sorta di patto: Renzi a Palazzo Chigi senza passare dalle urne perché Re Giorgio non vuole; garantire una non belligeranza sia nelle piazze sia nel Palazzo per portare a casa legge elettorale, abolizione del Senato e riforma del titolo V della Costituzione; favorire la pacificazione dialogando con il sindaco di Firenze e la parte meno ideologica e radicale del Pd.
I segnali di un negoziato in atto non mancano. Renzi, per esempio, twitta : «Siamo a un passo da una riforma storica: Senato, province, legge elettorale, Titolo V». E fin qui, niente di nuovo. Ma poi aggiunge: «A me conviene votare,ma all’Italia no». Presa d’atto che lassù, al Quirinale, parlare di elezioni è come bestemmiare in chiesa. Renzi, tuttavia, manda un messaggio anche a chi nel suo partito, continua a vedere il Cavaliere nero che più nero non si può. Lo spunto glielo dà l’opinionista di Repubblica, Giovanni Valentini. Il quale, via tweet , fa lo scandalizzato: «Se Renzi fa un governo con Berlusconi, gli tolgo il voto e anche il saluto...». Pronta la replica del segretario del Pd: «Non rischiamo né voto né saluto allora», assicura.
Insomma: né elezioni né larghe intese. «Con Berlusconi si fanno le riforme e le regole del gioco per non doverci governare insieme» rimane il pilastro del pensiero renziano. Con una postilla: molto più facile farlo stando a palazzo Chigi che non sulla poltrona più importante di Largo del Nazareno. Fantapolitica considerare il nulla osta a Renzi premier con un Berlusconi sempre all’opposizione? Mica tanto leggendo tra le righe la «sponda» di molti azzurri. Il forzista Francesco Paolo Sisto, per esempio, ammette: «Il governo Letta è un governo di piccoli partiti e questo non va bene. È poi un governo del Pd con la destra, e questo non va bene neanche a Renzi. Infine è un governo con un Pd che Renzi non sopporta». Non solo: «Renzi è un interlocutore leale e affidabile. È sicuro e ci rassicura nel percorso delle riforme; mentre Letta è subalterno, glissa, evita, non parla».
Stessa musica da parte di Deborah Bergamini, responsabile comunicazione di Forza Italia: «Occhio alle semplificazioni: il confronto tra Berlusconi e Renzi è un conto; ben altro invece è governare insieme. Forza Italia e Pd sono e restano diversi e alternativi». Ma tra i due ci si intende.
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