Un altro attacco nei confronti della polizia, continua l'assalto nei confronti di uomini e donne in divisa. Questa volta l'affondo porta la firma di Amnesty International, che ha puntato il dito contro gli agenti in relazione ai fatti avvenuti a Udine lo scorso 14 ottobre, in occasione del corteo pro Pal contro lo svolgimento della partita Italia-Israele. L'accusa è quella di sempre: le forze dell'ordine avrebbero violato i diritti dei manifestanti duranti gli scontri. Dimenticando le provocazioni, il lancio di oggetti, gli assalti. Ma il report in questione rovescia la realtà: fu un gruppo formato da antagonisti e centri sociali a rompere lo schieramento - forzando il servizio d'ordine del corteo - e aggredire la polizia, costretta a rispondere con idranti e cariche di alleggerimento.
Ma di cosa parla invece il report? L'ong ha contestato "violazioni dei diritti umani" durante la manifestazione "Show Israel the red card". Secondo quanto affermato dall'organizzazione, sei osservatori sul posto e 18 interviste a partecipanti, organizzatori, un avvocato e un giornalista documenterebbero un "uso massiccio e indiscriminato di munizioni e granate contenenti gas lacrimogeni, cannoni ad acqua a distanza ravvicinata e, in misura minore, manganelli" da parte delle forze dell'ordine.
E, ancora, Amnesty ha riportato che l'impiego sarebbe durato oltre un'ora e mezza e sarebbe avvenuto anche in piazza Primo Maggio, dove "in diversi casi le munizioni sono state sparate ad altezza di persona", costringendo gli organizzatori a interrompere la manifestazione "con largo anticipo rispetto alle tempistiche concordate con le autorità". In base a quanto denunciato da un giornalista presente in piazza, sarebbe stato raggiunto da una manganellata mentre era riparato. Anche altri partecipanti al corteo hanno riferito di aver riportato contusioni.
Nel suo report, Amnesty ha affermato che tredici persone fermati avrebbero parlato di telefoni sequestrati, trattenimento per ore e notifiche di foglio di via obbligatorio per un anno senza valutazioni giudiziarie considerate adeguate. Amnesty ha inoltre posto sul presunto "abuso" di questo strumento amministrativo, basato "su motivazioni vaghe e discrezionali e senza una preventiva autorizzazione giudiziaria né garanzie del processo penale".
Le accuse sono state rispedite al mittente del ministro Matteo Piantedosi. Intervenuto a margine del tavolo interistituzionale di coordinamento anti corruzione internazionale, il titolare del Viminale non ha utilizzato troppi giri di parole: "Per fortuna hanno visto tutti quello che è successo, trovo anche pietoso rovesciare in questo modo la verità, visto che ci sono stati dei facinorosi che, a prescindere dall'evento sportivo e dal sostegno alla causa palestinese, hanno approfittato come sempre dell'occasione per mettere in campo delle violenze. Amnesty? In democrazia ognuno è libero di dire ciò che vuole ma tutti hanno visto".
“Il rapporto di Amnesty International sugli scontri di Udine non solo scivola nella superficialità, ma finisce per ribaltare la realtà dei fatti" la netta presa di posizione di Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di Polizia Coisp: "Le forze dell’ordine si sono trovate davanti a gruppi di manifestanti che non cercavano il confronto civile ma il contatto fisico, la provocazione continua e la pressione sul cordone di Polizia. Parlare di ‘uso massiccio e indiscriminato della forza’ o addirittura di ‘violazione dei diritti umani’ ignorando completamente l’escalation che si è verificata è un’operazione che fa perdere credibilità a chi la compie". Pianese ha aggiunto che i diritti violati "sono quelli dei poliziotti, offesi e aggrediti mentre garantivano la sicurezza di tutti, manifestanti compresi": "Le critiche sono legittime, certo, ma devono poggiare su una ricostruzione integra e non su un racconto selezionato: le immagini, i video e le testimonianze dei presenti mostrano agenti bersagliati da oggetti, spinti, aggrediti. Se vogliamo davvero alzare il livello della discussione sull’ordine pubblico il problema non riguarda la Polizia ma le organizzazioni internazionali che diffondono analisi parziali trasformando una risposta operativa necessaria in un presunto abuso. La sicurezza delle piazze non si difende con slogan o con rapporti scritti a metà ma con la verità”.